Tante guerre dimenticate, ma armiamo solo l’Ucraina

DI Sofia Cecinini* IL FATTO QUOTIDIANO 1 APRILE 2022

Quattro giorni dopo l’inizio del- l’invasione russa, l’Unione europea ha concordato di fornire armi letali all’esercito ucraino per un valore di 450 milioni di euro, a cui ha aggiunto altri 50 milioni per carburante e dispositivi di protezione. L’importo rappresenta il 10% dei 5 miliardi di euro stanziati per il bilancio 2021- 2027 dello Strumento europeo per la pace (Epf). La notizia ha avuto una grande risonanza a livello europeo e internazionale: è la prima volta che l’Ue concorda di inviare armi letali a un Paese coinvolto in un conflitto. L’esportazione delle armi da parte dei Paesi membri è regolata dalla Posizione comune dell’Unione sulle esportazioni di armi, che impegna gli Stati Ue a raggiungere “standard comuni elevati” secondo otto criteri. La policy europea prevede che le licenze vengano negate quando esiste un “chiaro rischio” che le armi siano utilizzate in violazione del diritto umanitario internazionale o che vengano dirottate verso un utente finale non autorizzato. La convergenza nei controlli degli Stati membri è promossa attraverso sistemi di condivisione delle informazioni, ma non esiste un meccanismo formale dell’Ue per sanzionare l’eventuale mancato rispetto della Posizione comune.
Oltre alla guerra in Ucraina, nel mondo sono in corso nove maggiori conflitti di diversa natura. Il Global conflict traker del Council on foreign relations conta sei guerre civili (Libia, Yemen, Siria, Iraq, Sud Sudan e Afghanistan) e tre conflitti che coinvolgono la Turchia e i gruppi curdi armati; Israele e la Palestina; l’Azerbaigian e l’Armenia. Per motivi di sintesi, non ci sono altre “situazioni calde”, come le controversie territoriali nel Mar Cinese Meridionale, le tensioni nel Mar Cinese Orientale, la crisi dei Rohinghya in Myanmar, la Corea del Nord e le rivendicazioni territoriali tra India e Pakistan.Vediamo, caso per caso, come si è mossa l’Ue.
Libia. Di notevole importanza strategica per l’Ue e l’Italia, in Libia dal 2011 vige l’embargo delle armi, imposto dall’Ue, in conformità a tre risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu (2011, 2016 e 2019). L’embargo viene assicurato dall’operazione europea EuNavFor Med Irini, lanciata il 31 marzo 2020, tramite l’utilizzo di mezzi aerei, satellitari e marittimi per effettuare ispezioni di navi al largo della costa libica sospettate di trasportare armi o materiale connesso da e verso la Libia. L’operazione Irini monitora le violazioni perpetrate anche per via aerea e terrestre e condivide le informazioni raccolte con l’Onu.
Yemen.È in corso una guerra civile dal 19 marzo 2015, che vede scontrarsi i ribelli sciiti Houthi, appoggiati dall’Iran e dalle milizie libanesi di Hezbollah, con le forze yemenite fedeli al presidente legittimo, Rabbo Mansour Hadi, riconosciuto dalla comunità internazionale e sostenuto da una coalizione a guida saudita intervenuta nel conflitto il 26 marzo 2015. A comporla sono: Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Sudan, Bahrein, Kuwait, Qatar, Egitto, Marocco, Giordania e Senegal. Le politiche contrastanti dei Paesi Ue in materia di esportazione di armi verso questi Stati hanno fatto scaturire dubbi sull’attuazione della Posizione comune. Numerosi rapporti delle agenzie dell’Onu e delle Ong affermano che la coalizione saudita ha violato gli standard del diritto internazionale, soprattutto attacchi diffusi e sistematici contro obiettivi civili e una mancata distinzione appropriata tra civili e militari. Questi rapporti, oltre a essere oggetto di esami da parte di un gruppo di esperti nominati dall’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, hanno portato alcuni Stati membri a limitare o fermare le esportazioni di armi che potrebbero essere utilizzate in Yemen ad alcuni membri della coalizione, con il Parlamento Ue che, negli anni, ha chiesto più volte agli Stati Ue di imporre un embargo sulle armi all’Arabia Saudita.
Afghanistan. L’Ue non riconosce il governo talebano che ha preso il potere il 15 agosto 2021. Lo scorso ottobre, la Commissione Ue ha annunciato l’erogazione di 1,2 miliardi di euro in aiuti, per “evitare un grave collasso umanitario e socioeconomico”, ha detto la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. I fondi, a sostegno diretto per gli afghani, sono erogati attraverso 25 organizzazioni umanitarie che operano nel Paese, tra cui l’Onu. Fino alla presa del potere da parte dei talebani, numerosi Paesi dell’Ue hanno esportato armi in Afghanistan. L’Italia, ad esempio, secondo la Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento 2020 della Camera, ha autorizzato una licenza di esportazione de valore di 940.6040 euro.
Siria. L’Ue e i suoi Stati membri sono i principali donatori di aiuti internazionali diretti alla popolazione siriana colpita dalla guerra. Dall’inizio della crisi nel 2011, l’Ue ha mobilitato oltre 25 miliardi di euro per sostenere i siriani più vulnerabili all’interno del Paese e in tutta la regione. Tra il maggio 2011 e il maggio 2013, la Siria è stata soggetta a un embargo delle armi da parte dell’Ue che, alla scadenza della misura restrittiva, non è riuscita a trovare un accordo tra i suoi membri – soprattutto per volere di Francia e Gran Bretagna, contrarie a una proroga – facendo decadere l’embargo il 31 maggio 2013. Da allora, il Consiglio dell’Ue ha adottato una serie di misure restrittive nei confronti di una lista di persone, entità e istituzioni, tra cui un embargo su determinati beni che potrebbero essere utilizzati per la fabbricazione, la manutenzione e l’esportazione di prodotti utili alla repressione interna; e il divieto di importazione di armi e materiale connesso.
Iraq. Da quando l’Isis ha perso la sua ultima roccaforte nel 2017, gli esperti di sicurezza hanno messo in guardia sui rischi di recrudescenza. Non a caso, i combattenti dello Stato Islamico conducono azioni di guerriglia in aree montuose difficili da raggiungere, mentre occasionalmente effettuano attacchi suicidi nelle principali città irachene. Il graduale ritiro delle truppe Usa e della coalizione internazionale contro l’Isis, insieme all’indebolimento delle istituzioni statali e la crescente crisi politica, economica e sanitaria, sta facilitando il gruppo terroristico, con l’aggravante che il governo non dispone di politiche a livello nazionale e locale per sanare le tensioni locali. Nel gennaio e luglio 2018, l’Ue ha adottato una strategia e un accordo di cooperazione per l’Iraq che va dalla lotta al terrorismo alla proliferazione delle armi nucleari al traffico illegale di armi. Nel 2021, Bulgaria, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Polonia e Spagna hanno autorizzato licenze per l’esportazione di armi in Iraq.
Sudan del Sud. In seguito alla dichiarazione di indipendenza del 9 luglio 2011, l’Ue ha emendato l’embargo sulle armi in vigore contro il Sudan, estendendolo anche al Paese appena nato. Nel febbraio 2020, dopo oltre 6 anni di guerra civile, nel Sudan del Sud è stato formato un governo transitorio di unità nazionale ma, come riscontrato dall’Ue, i progressi nell’attuazione dell’accordo di pace sono lenti, con la conseguenza che la sicurezza del Paese rimane estremamente fragile. Nel maggio del 2021, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha rinnovato per altri 12 mesi l’embargo delle armi nel Sudan del Sud, insieme al divieto di viaggio e al congelamento dei beni, imposti dal paragrafo 4 della Risoluzione 2428 (2018), che vietava la fornitura, la vendita o il trasferimento di armi, nonché la fornitura di assistenza tecnica, addestramento e altra assistenza militare, al territorio del Sud Sudan. La decisione è stata recepita dall’Ue.
Israele e Palestina.Dal 2000, l’Ue ha fornito alla Palestina 827 milioni di euro di finanziamenti umanitari, di cui quasi 35 lo scorso anno. Le relazioni tra l’Ue e Israele, che è uno Stato associato all’Ue, sono inquadrate nella Politica europea di vicinato (Enp), e nel partenariato euro-mediterraneo e nell’Unione per il Mediterraneo. Non vi è alcuna restrizione alla compravendita di armi nei confronti di Israele, dal quale, invece, gli Stati Ue acquistano attrezzature militari – tra cui armi leggere, droni, navi e tecnologia di sicurezza informatica – che svolgono un ruolo significativo nelle attività dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) per accrescere la sicurezza dei confini del- l’Ue. Il movimento antimilitarista europeo accusa Israele di utilizzare queste tecnologie per mantenere quello che considera il suo sistema di colonizzazione e occupazione dei Territori palestinesi, facendo appello agli Stati affinché rivedano le loro politiche.
Kurdistan. Quando la Turchia ha lanciato l’offensiva Operation Spring Peace nei territori curdi della Siria Nord-orientale, tra ottobre e novembre 2019, l’Ue ha condannato l’azione militare di Ankara, con alcuni Paesi come Francia e Germania che hanno concordato un arresto limitato delle esportazioni di armi. Tuttavia, i governi dell’Ue non sono riusciti a imporre a tutti gli Stati membri l’embargo delle armi verso la Turchia. Basti pensare che, secondo le stime dello Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), i principali fornitori di armi della Turchia, dopo gli Stati Uniti, sono l’Italia e la Spagna. I motivi principali che hanno causato il disaccordo sull’embargo sono stati due. Il primo è stato l’appartenenza alla Nato, che rende la Turchia un alleato militare strategico per l’Ue. Il secondo motivo è stato l’accordo sull’immigrazione firmato il 18 marzo 2018 tra l’Ue e la Turchia per arginare il flusso di rifugiati siriani verso l’Europa, in cambio di un pagamento, da parte dell’Ue, di 6 miliardi di euro.
Armenia e Azerbaigian. È il conflitto nel Nagorno Karabakh dove l’Ue, essendo partner sia dell’Armenia sia dell’Azerbaigian, ha preferito mantenere una posizione tutto sommato neutrale, invitando le parti a interrompere gli scontri armati e gli attacchi contro la popolazione civile, riprendendo i negoziati senza precondizioni. Bruxelles si è invece espressa in maniera più esplicita contro il ruolo che la Turchia ha svolto nel conflitto. Pur nominandola raramente nelle dichiarazioni ufficiali, le istituzioni europee hanno alluso più volte all’appoggio politico e militare che il governo di Ankara ha dato all’Azerbaigian, esortando tutti gli attori regionali a “contribuire a fermare il confronto armato” e a evitare qualsiasi interferenza esterna, soprattutto militare. Nonostante alcuni deputati del Parlamento europeo abbiano chiesto all’Ue di assumere un ruolo politico più decisivo nella crisi, l’Alto rappresentante per la politica Estera, Joseph Borrell, ha chiarito che l’iniziativa politica per negoziare una tregua in prospettiva di un accordo di pace spetta al Gruppo di Minsk dell’Osce.
Come dimostranoi casi citati, l’Ue ha sempre preferito portare avanti una politica contraria all’invio delle armi per non alimentare le ostilità. In situazioni come l’Isis in Iraq o i talebani in Afghanistan, dove non era pensabile autorizzare un rifornimento di armi, l’Ue non ha tuttavia impedito l’effettivo commercio di materiale bellico con i Paesi coinvolti. Per concludere, l’invio di armi è stato autorizzato soltanto per l’Ucraina.
*Coordinatrice Osservatorio sulla Sicurezza Internazionale Luiss

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