“Regeni beffato: l’Italia vende pistole al regime di al-Sisi”

L’analista della Rete Disarmo e i nostri scambi (anche) con l’Egitto: “Armamenti a polizia per la repressione”

DI GIACOMO SALVINI, IL FATTO QUOTIDIANO, 16 APRILE 2022

“Ai Paesi che violano i diritti umani l’Italia non dovrebbe vendere armi”. Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio per le armi leggere di Brescia e della Rete italiana Pace e Disarmo, è sconfortato mentre legge la relazione sull’import e l’export di armi dell’Italia nel 2021. Quel testo, infatti, dimostra come il governo italiano lo scorso anno abbia autorizzato la vendita di armi a dittature come il Qatar, il Pakistan, l’Egitto. Lo ha fatto anche verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti con 52 nuove licenze per 103 milioni, dopo la revoca (ma solo per “bombe aeree e missili”) decisa dal governo Conte il 29 gennaio 2021. Scorrendo la lista delle forniture, però, a Beretta salta all’occhio il caso dell’Egitto.
Di che si tratta?
Il governo ha autorizzato la vendita di armi al regime di Al-Sisi per 35 milioni, molto meno dei 991 del 2020 perché negli ultimi anni sono stati venduti in Egitto elicotteri e le fregate Fremm e da quel momento le esportazioni sono rallentate un po’.
Qual è la questione rilevante?
Che sono stati venduti all’Egitto sistemi della categoria “001” che corrispondono ad armi automatiche e semi-automatiche, come fucili e pistole. Le automatiche finiscono solo alle forze armate di Paesi esteri, quelle semi-automatiche sono destinate a forze armate, corpi di polizia ed enti governativi.
E quindi?
È un fatto estremamente grave perché l’Italia così finanzia, con armi leggere, la repressione del governo egiziano.
Teoricamente potremmo vendere all’Egitto anche solo componenti di fucili e pistole.
Certo, ma vendere una canna di un fucile o di una pistola non è meno grave. Così il governo sostiene la politica repressiva di un regime: un fatto ancora più grave se si pensa al caso Regeni, ucciso probabilmente dalle forze dell’ordine del Cairo e su cui le autorità egiziane non stanno collaborando. In questi giorni ci poniamo molte domande sugli affari del gas con l’Egitto, ma l’Italia continua a vendere armi ad Al-Sisi.
Lo stesso è successo con Arabia Saudita ed Emirati Arabi per oltre 100 milioni. Com’è stato possibile visto che c’era una revoca?
Nel giugno 2019, era il governo Conte-1, fu approvata la prima mozione di Lega e M5S che chiedeva di sospendere la vendita di “bombe aeree e missili” e loro componentistica contro la guerra in Yemen. Poi a fine 2020, governo Conte-2, il Parlamento ha approvato una nuova risoluzione proposta da M5S e Pd ancora più dura in cui si chiedeva di revocare le licenze in essere e quelle future su bombe aeree, missili e anche altre tipologie di armamenti. La revoca è stata applicata un mese dopo, il 29 gennaio 2021, dal governo. La prima cosa strana è che la relazione sulle armi prenda come riferimento la prima mozione del 2019 – quella più soft – e non la seconda.
L’altro motivo?
L’Italia ha ricominciato a vendere armi ad Arabia Saudita e Emirati Arabi perché il governo Draghi il 30 giugno 2021 ha deciso di togliere l’end-user certificate.
Di che si tratta?
Oltre alla revoca per bombe aeree e missili, il governo Conte aveva imposto alle imprese italiane un certificato rafforzato per le esportazioni di tutti gli altri tipi di armi. Le aziende italiane dovevano avere la garanzia da quei due Paesi che le armi non sarebbero state usate in Yemen. I due Paesi non rispondevano e quindi questo sistema aveva creato un blocco totale dell’export di tutte le armi. Il governo Draghi però poi ha tolto quell’obbligo e le esportazioni sono riprese.
Anche i governi di Conte lo hanno fatto: 13,4 milioni nel 2018, 105,4 nel 2019, 144,4 nel 2020.
Sì, però nel 2018 non c’era stata alcuna decisione parlamentare, nel 2019 erano affari relativi ai primi sei mesi (prima della mozione parlamentare). Nel 2020 non abbiamo venduto bombe ma altre armi che non rientravano nella sospensione.
Anche per il 2021 la Farnesina assicura che non è stata violata la revoca: sono stati venduti siluri navali e componenti.
La forma può essere stata anche rispettata, ma nella sostanza non si dovrebbero vendere armi all’Arabia Saudita.

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