L’articolo di Ilaria Agostini, pubblicato con questo titolo a maggio del 2015 su “La città invisibile”, mette a confronto la legge regionale Toscana per il governo del territorio con il disegno di legge nazionale per il contenimento del consumo di suolo, evidenziando i rischi di stravolgimento della legge regionale in caso di approvazione del disegno di legge nazionale con l’attuale suo testo. Ilaria Agostini Due dispositivi legislativi: la legge regionale toscana per il governo del territorio impugnata dalla presidenza del Consiglio e, da mesi, ferma in palazzo Chigi, e un disegno di legge nazionale per il contenimento del consumo di suolo, in discussione alla Camera. Due leggi che, pur proclamando di perseguire lo stesso obbiettivo – il blocco della cementificazione dei terreni fertili –, hanno opposta natura antropologica. La legge nazionale Partiamo dal DdL C 2039 (Legge quadro in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo di suolo), che raccoglie in un testo unificato gli undici precedenti disegni depositati alla Camera. Presentato alla comunità scientifica a un convegno organizzato a Milano dall’Ispra (6 maggio 2015), il DdL è frutto del lavoro dei ministeri di agricoltura e ambiente; nei fatti, tuttavia, possiede la fisionomia di una legge urbanistica. Definisce il consumo di suolo come «incremento annuale netto della superficie oggetto di impermeabilizzazione» da ridurre progressivamente fino al consumo zero imposto dall’Europa per il 2050: i tecnicismi sul calcolo incrementale, funzionali forse ad alimentare la ricerca scientifica, ma senza dubbio fuorvianti rispetto agli obbiettivi, non garantiscono alcun risultato a breve nella realtà peninsulare. «Un testo sbagliato – affermava Vezio De Lucia all’assemblea della Rete dei comitati per la difesa del territorio (Firenze, 9 maggio) – complicatissimo, di ripetute e concatenate scadenze, denso di concerti, di diffide e di labilissimi poteri sostitutivi, di improbabili divieti e incentivazioni di […]