Il ministro dell’ambiente Costa: se mi sfiduciano sulle trivelle torno a fare il carabiniere

 

Ieri, intervenendo al  convegno organizzato da Confindustria Energia  il sottosegretario allo Sviluppo economico, Andrea Cioffi (M5S) ha detto che «sulle trivelle quella tra Lega e Movimento 5 Stelle è una visione non conforme».

E le trivelle stano diventando materia di scontro elettorale tra M5S e Lega per le regionali del 10 febbraio, intervenendo a Pescara  a un’iniziativa elettorale con Sara Marcozzi, candidata alla presidenza della Regione Abruzzo, il ministro dell’ambiente Sergio Costa ha detto:  «Sono per il no alle trivelle, le trivelle passano per la valutazione di impatto ambientale, e io non le firmo.

Mi sfiduciano come ministro?

Torno a fare il generale dei Carabinieri, lo dico con franchezza.

La Via arriva da una commissione autonoma che rilascia un parere che va su un tavolo politico.

Le trivelle, dunque, arrivano sul mio tavolo con la Via: io non le firmo».

Poi, sulla sua pagina Facebook costa ha aggiunto: «Non firmo e non firmerò autorizzazioni a trivellare il Paese anche se dovesse esserci il parere positivo della Commissione Via-Vas.

Le alternative ci sono.

Si chiamano “energie rinnovabili” se bisogna investire, è quella la direzione. 

Ricordo che un miliardo di euro investito in rinnovabili ed efficientamento energetico crea fino a 13 mila posti di lavoro.

È anche una questione economica: vogliamo puntare sulle fossili, che impoveriscono il territorio e che creano pochi posti di lavoro o sulle rinnovabili, perseguendo gli obiettivi di sostenibilità europei, aiutando il clima e creando tanti posti di lavoro? 

Mi farò dei nemici?

Saranno gli stessi nemici dell’ambiente e del Paese».

Parole pesanti che fanno intravvedere forti pressioni su Costa all’interno del “governo del cambiamento”.

Cosa sta probabilmente succedendo lo spiega il Coordinamento Nazionale No Triv: «La mediazione tra M5S e – non la Lega che si è già dichiarata insoddisfatta – bensì Eni, Edison ed aziende del settore dell’Oil&Gas ha prodotto un nuovo emendamento al DDL Semplificazioni che non blocca né le nuove trivelle né gli stoccaggi».

Nel suo tour elettorale in Basilicata Di Maio aveva dichiarato: «Le trivellazioni hanno inquinato e impoverito economicamente il territorio con le risorse andate fuori.

L’impegno è di non firmare nessuna autorizzazione finché non ci sia un cambio di marcia e ci sarà diritto alla salute dei cittadini».

Parole che secondo i No Triv sono state presto dimenticate, almeno alla luce del nuovo articolato.

Infatti, al comma 4 dell’emendamento si legge che «nelle more dell’adozione del Piano (…) i procedimenti amministrativi (…) sono sospesi, fatti salvi i seguenti procedimenti in corso o avviati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del seguente decreto, relativi a ISTANZE di: a) proroga di vigenza delle concessioni di coltivazioni di idrocarburi in essere ecc ecc.»

Il Coordinamento Nazionale No Triv si chiede quali conseguenze.

E risponde: «Tornando alle dichiarazioni di Di Maio, ad esempio la concessione Val D’Agri la cui scadenza è a ottobre 2019 verrà prorogata a semplice richiesta dei concessionari (già avvenuta da qualche anno) e tra la presentazione dell’istanza di proroga e l’accoglimento da parte del Mise, che può intervenire parecchio tempo dopo, le perforazioni possono proseguire indisturbate in assenza dei necessari controlli ambientali.

Quello della Val D’Agri non è un caso isolato.

All’indomani del referendum del 2016 contammo ben 16 casi di concessioni in mare (quasi tutte nell’Alto Adriatico) e ben 42 su terraferma in cui i titolari continuavano a trivellare prima che il procedimento di accoglimento dell’istanza di proroga della concessione fosse concluso».

E i No Triv affondano il coltello nella piaga petrolifera del M5S che evidentemente preoccupa non poco Costa: «Il DDL Semplificazioni consentirà che ciò possa continuare ad avvenire per tutte le odierne 66 concessioni di coltivazione in mare e le 116 concessioni su terraferma.

Tutto questo è consentito da una norma voluta nel 2012 dal Governo Monti, oggetto di uno dei quesiti referendari e di cui l’emendamento, come da nostra richiesta, avrebbe potuto disporre l’abrogazione.

Non è stato fatto.

Per quanto concerne il Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (PTSEAI), non è dato capire quale sarà il termine entro cui dovrà essere adottato lo strumento: due anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del DL Semplificazioni, come stabilisce il comma 1, oppure tre come detta il comma 7?»

Gli anti-trivelle ricordano che «del tutto inevasa è rimasta la richiesta No Triv di abrogare una norma del 2016 rimasta nascosta nelle pieghe del decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127 (Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi).

La norma in questione, varata dal Governo Renzi, ha cancellato una delle principali conquiste delle Regioni e del movimento No Triv ottenute con la previsione, in Legge di Stabilità 2016, dell’obbligo del raggiungimento di un’Intesa in senso “forte” tra lo Stato e le Regioni ai fini dell’approvazione dei progetti “petroliferi”.

Che il Governo giallo-verde non intenda abrogare questa norma appare paradossale, non solo alla luce delle posizioni già espresse da Lega e M5S in occasione del referendum costituzionale, ma anche nella prospettiva, caldeggiata soprattutto dalla Lega, della concessione di sempre maggiori poteri alle Regioni (Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna in testa).

Senza contare che lo stesso emendamento tace persino sulla norma che fu oggetto di referendum del 2016, e cioè sullo stop alle proroghe automatiche entro le 12 miglia: un silenzio incomprensibile, visto che il M5S e la Lega invitarono i cittadini italiani a votare per l’abrogazione di quella norma».

Per finire i NO-Triv segnalano una “chicca” nel comma 9 dell’emendamento: «No Triv aveva chiesto l’abrogazione del carattere di non strategicità, urgenza ed indifferibilità delle opere riguardanti gli stoccaggi del gas.

L’emendamento a firma Castaldi, invece, salvaguarda il carattere strategico sia di quelli naturali in sotterraneo sia di quelli LNG.

Che il Governo tenga particolarmente al gas, con tutto il suo carico climalterante, è fatto risaputo: in questo contesto gasdotti (Tap e Poseidon), rigassificatori (Lng) e, per l’appunto, stoccaggi di ogni genere ci stanno proprio bene.

Sulla previsione della sospensione dei permessi già rilasciati – e in particolare sul fatto che essa darà quasi certamente vita a contenziosi senza fine dinanzi al giudice amministrativo – ci siamo già pronunciati: inutile, per il momento, tornarci sopra».

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 23 gennaio 2019 sul sito online “greenreport.it”)

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