Archivi Giornalieri: 24 Gennaio 2019
Cresce di ora in ora l’ondata di sdegno sollevata dalla scelta fatta a Nettuno di affidare a un neofascista e revisionista l’incarico di curare gli eventi culturali in occasione del 75° anniversario dello sbarco alleato sul litorale romano. Criticando con forza quanto accaduto sono intervenuti sia il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, che l’Associazione nazionale partigiani, e 27 senatori del Partito democratico hanno presentato un’interrogazione al ministro della difesa, Elisabetta Trenta, che proprio oggi doveva presenziare alle cerimonie tra Anzio e Nettuno e che è invece stata sostituita dal generale Enzo Vecciarelli, Capo di Stato Maggiore della Difesa. L’Università civica di Nettuno, istituto del Comune impegnato nello sviluppo della cultura, ha affidato a Pietro Cappellari, autore di una serie di libri in cui ha tra l’altro definito un “falso mito” la Liberazione ed esaltato i repubblichini, l’organizzazione del premio “Nettunia”, il nome dato alla città dal fascismo, un’esposizione libraria e il servizio di guida per i visitatori, patrocinando pure una guida scritta dallo stesso sullo sbarco. Un ruolo che ha portato lo storico revisionista anche a pubblicare su Facebook dei post-choc, come quello con una sua foto davanti a un carro armato durante la rievocazione storica a Nettuno, scrivendo: “Finalmente i camerati germanici sono venuti a liberarci“. E ancora: “Una soddisfazione personale senza precedenti dopo oltre un decennio di discriminazione e censura“. Un caso che ha creato sconcerto in una comunità ancora ferita, tanto che, quando domenica scorsa sono sfilati sempre a Nettuno i figuranti in uniforme tedesca, un’anziana che ricorda il terrore che incutevano quei militari si è scagliata contro uno di loro, urlandogli di andarsene e colpendolo con la borsetta. Davanti alle prime polemiche il commissario prefettizio Bruno Strati, che sta traghettando l’ente locale verso nuove elezioni dopo la caduta anticipata della giunta grillina di Angelo […]
Ieri, intervenendo al convegno organizzato da Confindustria Energia il sottosegretario allo Sviluppo economico, Andrea Cioffi (M5S) ha detto che «sulle trivelle quella tra Lega e Movimento 5 Stelle è una visione non conforme». E le trivelle stano diventando materia di scontro elettorale tra M5S e Lega per le regionali del 10 febbraio, intervenendo a Pescara a un’iniziativa elettorale con Sara Marcozzi, candidata alla presidenza della Regione Abruzzo, il ministro dell’ambiente Sergio Costa ha detto: «Sono per il no alle trivelle, le trivelle passano per la valutazione di impatto ambientale, e io non le firmo. Mi sfiduciano come ministro? Torno a fare il generale dei Carabinieri, lo dico con franchezza. La Via arriva da una commissione autonoma che rilascia un parere che va su un tavolo politico. Le trivelle, dunque, arrivano sul mio tavolo con la Via: io non le firmo». Poi, sulla sua pagina Facebook costa ha aggiunto: «Non firmo e non firmerò autorizzazioni a trivellare il Paese anche se dovesse esserci il parere positivo della Commissione Via-Vas. Le alternative ci sono. Si chiamano “energie rinnovabili” se bisogna investire, è quella la direzione. Ricordo che un miliardo di euro investito in rinnovabili ed efficientamento energetico crea fino a 13 mila posti di lavoro. È anche una questione economica: vogliamo puntare sulle fossili, che impoveriscono il territorio e che creano pochi posti di lavoro o sulle rinnovabili, perseguendo gli obiettivi di sostenibilità europei, aiutando il clima e creando tanti posti di lavoro? Mi farò dei nemici? Saranno gli stessi nemici dell’ambiente e del Paese». Parole pesanti che fanno intravvedere forti pressioni su Costa all’interno del “governo del cambiamento”. Cosa sta probabilmente succedendo lo spiega il Coordinamento Nazionale No Triv: «La mediazione tra M5S e – non la Lega che si è già dichiarata insoddisfatta – bensì Eni, Edison ed aziende del […]
Legambiente si chiede: «Davvero la chiusura del centro di accoglienza di Castelnuovo di Porto farà risparmiare agli italiani un milione di euro all’anno, per di più “non togliendo diritti a nessuno” come dichiarato dal ministro dell’Interno? È per questo, e per il bene del Paese, che stiamo sgomberando con l’esercito donne, uomini e bambini richiedenti asilo, separando le famiglie, togliendo dalle scuole chi ci andava e dai percorsi di formazione lavorativa chi li aveva intrapresi?» Il presidente del Cigno Verde, Stefano Ciafani, non ci crede proprio ed esprime «tutto lo sgomento dell’associazione sullo sgombero del secondo Cara più grande d’Italia, alle porte di Roma, senza nessuna ragione plausibile e senza alcun dialogo con gli enti locali». Ciafani sottolinea che «l’operazione portata avanti in queste ore al Cara di Castelnuovo di Porto è indegna di un paese civile per le modalità con cui viene condotta, una violenza istituzionale inaccettabile e, anche totalmente insensata, perché fino a prova contraria nuoce alle comunità e al territorio. Si buttano per strada persone prive di tutto, titolari di una protezione umanitaria che, con la nuova legge, non dà più diritto all’accoglienza; si mandano a monte percorsi di integrazione; si toglie il lavoro a 120 persone del posto impegnate nel centro. Si distrugge quello che funziona invece di migliorarlo e di far crescere soluzioni di integrazione e sviluppo che facciano realmente bene al Paese. In altre parole, si specula sulla vita delle persone per fare campagna elettorale. Non vorremmo che tanta fretta e tanta violenza siano dovute alla volontà, per ora segreta, di istituire nella struttura di Castelnuovo di Porto uno dei centri di rimpatrio previsti dalla legge 132 sulla Sicurezza. Saremmo felici di essere smentiti». Legambiengte sottolinea un altro paradosso che «proprio un ministro della Lega, anticentralista e antistatalista per nascita, stia depauperando il ruolo delle autonomie […]
Lo studio “Climate, conflict and forced migration”, pubblicato su Global Environmental Change da un team di ricercatori dell’ International institute for applied systems analysis (Iiasa) stabilisce per la prima volta un nesso causale tra clima, conflitti e migranti, qualcosa che era stato finora prospettato nel dibattito politico e mediatico, ma per la quale c’erano scarse prove scientifiche. All’Iiasa ricordano che «negli ultimi decenni ci sono stati numerosi esempi in cui le condizioni climatiche sono state accusate di creare disordini politici, guerre civili e, successivamente, ondate migratorie. Uno dei principali esempi è il conflitto in corso in Siria, iniziato nel 2011. Anche molti Paesi costieri europei del Mediterraneo vengono inondati da profughi in fuga dai conflitti in Africa, che arrivano via mare». Il team dell’Iiasa, costituito da Guy Abel (Asian Demographic Research Institute della Shanghai University), Jesus Crespo Cuaresma (Vienna University of Economics and Business), Raya Muttarak University of East Anglia) e Michael Brottrager (Johannes Kepler University Linz) hanno cercato di scoprire se ci sia un nesso causale tra cambiamento climatico e migrazione e quale sia la sua natura e hanno scoperto che «in circostanze specifiche, le condizioni climatiche portano a un aumento della migrazione, causando conflitti, ma indirettamente». Muttarak evidenzia che «questa ricerca tocca un argomento ampiamente trattato dai media: contribuiamo al dibattito sulla migrazione indotta dal clima fornendo nuove prove scientifiche». I richiedenti asilo sono quelli con la maggiore probabilità di essere stati colpiti da guerre rispetto ai “normali” migranti, ed è per questo che, per studiare i modelli migrazione-conflitto-cambiamento climatico, i ricercatori hanno deciso di utilizzare i dati delle domande di asilo provenienti da 157 Paesi nel periodo che va dal 2006 al 2015 forniti dall’United Nations High Commissions for Human Rights (Unhcr). Per determinare le condizioni climatiche nei Paesi di origine dei richiedenti asilo, il team ha utilizzato lo Standardised Precipitation-Evapotranspiration […]