Nella nota opera teatrale di Samuel Beckett, a un certo punto della storia, compare un personaggio che annuncia: «il Signor Godot oggi non verrà, ma verrà domani». L’attesa del parco nazionale Foreste casentinesi monte Falterona e Campigna per la nomina di Presidente e Direttore assomiglia oramai a quella di Vladimiro ed Estragone, che aspettano, desolatamente, delle nomine che non arrivano mai. Il Presidente dell’Ente manca da agosto 2018 quando è scaduto il mandato di Luca Santini. Nonostante le ripetute sollecitazioni degli Enti del territorio e la proposta di un nominativo comune da parte delle Regioni Emilia-Romagna e Toscana, fatta pervenire, per tempo, sul tavolo del Ministro, nulla è stato partorito in questi nove mesi dal Dicastero. Non si conoscono i motivi di tale prolungata inerzia, che rischia di portare alla paralisi politica l’Ente Parco (non dimentichiamo che a fine anno scadrà anche il mandato del Consiglio Direttivo): nulla trapela dal ministero dell’Ambiente né su eventuali nomi né, soprattutto, sulle tempistiche di queste nomine. Se, per altre aree protette di rilievo nazionale, durante un’audizione in Parlamento, il Ministro Costa aveva parlato di «necessità di attendere l’esito delle consultazioni amministrative regionali», nel caso del Parco nazionale Foreste casentinesi monte Falterona e Campigna tale eventuale attesa pare quantomeno in contrasto con il dettato Costituzionale dell’articolo 97, relativo al «principio di buon andamento della pubblica amministrazione»: la Regione Emilia-Romagna andrà al voto a novembre 2019, mentre la Toscana nel 2020. Non ci è dato sapere se l’intenzione di questo governo sia quella di procedere alle nomine solo dopo le prossime consultazioni elettorali ma ci preme sottolineare come l’interesse dei cittadini dovrebbe venire prima delle logiche di spartizione politica delle cariche, di interesse prettamente partitica. E un parco nazionale senza un presidente è un ente in perenne gestione ordinaria, impossibilitato a fare scelte che […]
Archivi Giornalieri: 12 Maggio 2019
Dopo il Regno Unito, il primo Paese al mondo che ha scelto di porre l’accento sui cambiamenti climatici come sfida primaria da combattere – approvando il 1 maggio la mozione che ha sancito lo stato di emergenza climatica e ambientale avanzata dal Labour di Jeremy Corbyn – anche l’Irlanda ha compiuto ieri lo stesso passo: con l’approvazione di un emendamento avanzato dal partito Fianna Fáil al rapporto parlamentarecontenente le raccomandazioni su “come lo Stato può rendere l’Irlanda un leader nella lotta ai cambiamenti climatici” l’Irlanda ha così dichiarato emergenza climatica. Si tratta indubbiamente di una «buona notizia» a supporto del lavoro portato avanti dal Climate action committee, ma come sottolinea la sua presidente Hildegarde Naughton dopo la dichiarazione «adesso servono azioni concrete». È infatti (solo) su quelle che si misurerà davvero la bontà dell’iniziativa, che ha comunque il merito di evidenziare un chiaro indirizzo politico per il Paese, apprezzato anche dalla giovanissima attivista svedese Greta Thunberg: «Grandi notizie dall’Irlanda! E ricordiamo: emergenza climatica significa lasciare i combustibili fossili sottoterra. Chi è il prossimo?». Il “prossimo” potrebbe essere l’Italia, dato che proprio due giorni fa è stata depositata alla Camera due una mozione – firmata da Rossella Muroni, Roberto Speranza e Federico Fornaro – per impegnare il Governo a dichiarare emergenza climatica anche nel nostro Paese. Adesso andrà pesata la volontà della maggioranza parlamentare sul tema. (Articolo pubblicato con questo titolo il 10 maggio 2019 sul sito online “greenreport.it”)