Naomi Klein: “Economia e ambiente, serve un’unica rivoluzione globale”

 

Questa è l’era dei sovranisti.

Ma fu lei a fare scalpore per prima – e da sinistra – con la sua radicale e ben documentata critica alla globalizzazione economica, raccolta nel best seller “No Logo”, già nel 2000.

Questi sono i mesi delle proteste dei ragazzi per il clima.

E ancora una volta, Naomi Klein aveva aperto la strada già nel 2015 con “Una rivoluzione ci salverà”.

Oggi la intellettuale canadese è a Riccione in veste di presidente di giuria dei DIG Awards.

La sua prossima profezia sarà in libreria da settembre e si intitola “The (burning) case for a green new deal”.

La sua attuale ostinazione è “far capire alla sinistra che la risposta all’emergenza climatica e l’impostazione di un nuovo sistema economico vanno costruiti insieme. E senza indugi!“.

Un “eco-socialismo” che le è valso l’etichetta di “anguria”: “Ci accusano di essere verdi fuori e rossi dentro, ma ognuno, è rosso dentro!” replica lei.

Che alla sinistra – a quella italiana così come ai democratici Usa vicini alle primarie – manda a dire: “Lasciate perdere il centrismo e il neoliberismo.

Oggi sono perdenti.

Su tutta la linea“.

Klein, è in Europa a pochi giorni dalle elezioni: un commento sugli esiti.

Un messaggio di speranza c’è, ed è l’ascesa dei Verdi, particolarmente forte in Germania.

Un messaggio che spero proprio che la sinistra colga: chi lotta per l’ambiente vince, chi rinuncia alla leadership su questi temi invece perde consenso.

E sia chiaro: con “sinistra” non intendo il centrosinistra: il centro e i partiti ad esso associati stanno collassando, assieme al modello neoliberista, da circa un decennio ormai“.

L’ultima volta che l’ho intervistata – era il 2015 – lei confidava nel fronte “anti-austerity” di Tsipras; per l’Italia sperava pure in un “fronte anti austerità”.

Quattro anni dopo Tsipras è in declino.

Salvini sfonda.

Questa è la parte davvero nera delle europee.

Anche se tra i vari Paesi la situazione è variegata, mi preoccupa l’ondata di estrema destra, in Francia con Marine Le Pen e in Italia con Matteo Salvini è particolarmente evidente.

Devo dire che, per me, proprio l’Italia esprime i risultati più preoccupanti“.

Spieghi meglio questa preoccupazione.

Mi inquietano davvero le derive fasciste.

Sia chiaro: l’Italia non è certo solo questo.

Conosco la vostra forte tradizione a sinistra.

Il fatto è che oggi su quel fronte la base c’è, ma c’è pure uno stato di totale scompiglio, e invece serve una visione.

La Italian Left deve rimettersi in sesto: io vedo nel vostro Paese un serio pericolo di neofascismo“.

Lei ha criticato la globalizzazione.

Lei ha preso atto che dopo la crisi nessuno più aveva il coraggio di spacciarla come utopia.

Ma è stata la destra a trarre profitto dalla morte di quella utopia.

Se ne è fatta una ragione?

E quale?

La ragione è che la destra è stata capace a suo modo di dirigere la rabbia diffusa.

Vede, proprio i più potenti sul fronte economico sono i veri responsabili della distruzione dei nostri standard di vita e dei disastri ambientali.

Ma la destra ha sfruttato il senso di tradimento delle persone, la loro sensazione di perdita di controllo, e ha venduto loro un’illusione: quella di sentirsi di nuovo “potenti” esercitando il controllo non certo sulle vere leve del potere – perché quelle, sul piano economico, rimangono sempre nelle mani degli stessi – ma piuttosto un controllo verso i più vulnerabili (come i migranti) e un controllo attraverso il senso di identità culturale“.

Sul piano economico né Trump né i vari Salvini d’Europa mettono davvero in discussione il sistema: è questo che intende?

Sì certo: non hanno alcuna reale intenzione di sfidare l’ortodossia economica o di mettere in discussione la globalizzazione; se fingono di farlo è solo perché sanno che così vincono le elezioni.

Trump è esemplare a riguardo: vinse promettendo di mandare in cantina il libero commercio, di proteggere i lavoratori e lo stile di vita, la cultura, della “America bianca”.

Poi come è andata?

Che ha continuato a garantire sgravi fiscali massicci per le corporation, che ha agito a favore dei grandi interessi economici invece che degli operai o degli agricoltori. 

Ora che si avvicinano le prossime elezioni, andrà ancora peggio: visto che le promesse sul piano economico sono disattese, a Trump non rimarrà che il razzismo, da offrire.

Quando questi personaggi prendono piede, vanno giù sempre più pesanti sulla razza e sul genere perché queste sono le uniche promesse che realisticamente intendono mantenere“.

Razza e genere, dice lei.

Negli Usa come in Europa l’aborto è sotto attacco, per esempio.

Come donna questa fase politica la inquieta in particolar modo?

Il pericolo c’è e è diffuso: coinvolge gli Usa dove il diritto all’aborto è sotto scacco così come l’Ungheria di Orbán e pure il Brasile di Bolsonaro, che è stato eletto parlando della minaccia della famigerata ideologia gender e della famiglia tradizionale da proteggere.

Sa, in realtà in quel fronte politico razza e genere sono strettamente connessi sul piano ideologico: prenda Trump, che rivendica da sempre una connessione con i suprematisti bianchi; questi gruppi parlano di “genocidio dei bianchi” messi a rischio dagli immigrati che fanno figli, allo stesso tempo dicono di volere più bambini bianchi e attaccano l’aborto in quanto parte di quel “genocidio bianco”.

Alla fine il risultato è che il nuovo potere attacca il diritto della donna di avere il controllo sulla propria libertà riproduttiva“.

Una destra “spacciatrice di rabbia” insomma.

Chi può avversarla davvero?

Ha qualche speranza?

E’ davvero un peccato che persino una politica capace di avere una visione, come Ada Colau – che prova a restituire ai cittadini il controllo sì, ma sui beni comuni, che dice che la sovranità va difesa, sì, ma nel senso di sovranità democratica e non di difesa dei confini – sia rimasta elettoralmente vittima dell’indipendentismo.

Io non sono ottimista e neppure pessimista; io sono possibilista: penso che la strada alternativa si stia restringendo sempre di più, ma che il compito di ognuno di noi sia proprio di aprire il più possibile lo spazio per una possibilità.

E allora: negli Usa, che andranno al voto, spero davvero che i dem non finiranno per puntare su Joe Biden che rappresenta i vecchi poteri e la corsa al centro, perché questo significherebbe replicare lo schema fallimentare di Clinton vs Trump e riconsegnare il Paese a un Trump sempre più pericoloso per il pianeta.

Mi piacciono Elizabeth Warren e Bernie Sanders, spero che quell’area converga e non divida i voti, per non consegnare la vittoria a Biden.

In generale apprezzo i politici come Alexandra Ocasio-Cortez o Yannis Varoufakis perché hanno colto il potenziale del tema “verde”.

Perché per lei è così fondamentale la questione ambientale?

Perché c’è in gioco la sopravvivenza, non c’è tempo da perdere!

Non esiste leadership vera a sinistra senza un “green new deal”, un piano che connetta il tema ambientale ed economico.

Serve un’altra idea di progresso: quella capitalista era che bisognasse consumare di più per essere vincenti, oggi la via d’uscita è quella opposta.

Diamo ascolto ai milioni di ragazzini che scendono in campo per il clima: loro sono la vera speranza, perché chiedono che il futuro torni in loro possesso.

L’alternativa è un mondo al collasso in cui solo chi ha i mezzi può sopravvivere nella sua fortezza, scaricando i disastri – sia finanziari che ambientali – su tutti gli altri, i più deboli, la maggioranza“.

(Articolo di Francesca De Benedetti, pubblicato con questo titolo il 2 giugno 2019 sul quotidiano “la Repubblica”)

 

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