Abituiamoci al caldo: in Italia il clima si riscalda a velocità doppia rispetto alla media globale

 

Con un’ondata di caldo che potrebbe rivelarsi la più intensa da oltre dieci anni i negazionisti climatici italiani sono (momentaneamente) tornati a nascondersi nell’ombra.

Non si intravedono titoli in prima pagina contro i “gretini” di turno che spopolavano durante il maltempo primaverile, e anche il vicepremier Salvini – che un mese fa affermava «da quando hanno lanciato l’allarme del riscaldamento globale fa freddo, c’è la nebbia. Lo sto aspettando questo riscaldamento globale» – preferisce concentrare su altri temi la sua propaganda politica.

Ma nonostante l’evento meteorologico estremo in corso dovremmo preoccuparci una volta di più per le tendenze di lungo periodo (clima) che non della contingenza (meteo): il nuovo rapporto su Gli indicatori del clima in Italia nel 2018, pubblicato ieri dall’Ispra, testimonia che i cambiamenti climatici sono un fenomeno tutt’altro che marginale per il nostro Paese, che anzi si trova già a subirne l’intensità in maniera molto più intensa rispetto alla media globale.

Se infatti «a scala globale il 2018 è stato il 4° anno più caldo della serie storica dopo il 2016, il 2015 e il 2017, in Italia il 2018 ha segnato il nuovo record di temperatura media annuale, con un’anomalia media di +1.71°C rispetto al valore climatologico di riferimento 1961-1990».

Si tratta di un valore quasi doppio rispetto a quello dell’anomalia della temperatura media globale, che nel 2018 «sulla terraferma è stata di 0.98°C rispetto al periodo 1961-1990».

Andando ancora più indietro nel tempo, il Cnr recentemente ha mostrato che rispetto all’anno 1800 l’Italia oggi è più calda di 2,3 gradi in media, mentre a livello globale il termometro si è fermato a circa +1°C.

Si tratta di un fenomeno che non necessariamente si manifestata con ondate di caldo estreme come quella che stiamo subendo, rendendo ancora più difficile percepirne adeguatamente la portata e prestando il fianco al montare delle fake news sul tema; l’Ispra mostra infatti come il 2018 – ovvero l’anno più caldo per il nostro Paese da almeno 219 anni a questa parte – non è stato contrassegnato da periodi particolari di caldo estremo né da valori di picco eccezionali.

Il record di temperatura media annuale è il risultato piuttosto di anomalie termiche positive distribuite nelle diverse stagioni e con un contributo di rilievo delle ore notturne: come rane che bollono a bassa temperatura non sempre è facile accorgersene, soprattutto quando i dati scientifici vengono sommersi dal rumoroso chiacchiericcio della propaganda negazionista.

Una propaganda che ci espone però a seri rischi.

Non è un infatti caso se a livello globale «nel periodo 1880-1980 la temperatura globale raggiungeva un nuovo record positivo circa ogni 13 anni, mentre dal 1981 questo è accaduto in media ogni 3 anni, e in successione per tre anni di seguito nel 2014, 2015 e 2016»; non lo è neanche che in Italia il 2018 sia stato «il 28° anno consecutivo con anomalia positiva rispetto alla norma e quattro dei cinque valori più elevati di temperatura media sono stati registrati negli ultimi cinque anni: nell’ordine, oltre al 2018, nel 2015, 2014 e 2016».

Sono numeri che ci mostrano i cambiamenti climatici in corso, dai quali però non ci stiamo adeguatamente difendendo.

Dovremmo ridurre drasticamente le emissioni di gas serra per limitarne l’avanzata, e adattarci a quella parte di cambiamenti climatici ormai inevitabili.

Il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) proposto dal Governo in carica però si stima non arrivi a mettere in campo un terzo dell’impegno necessario per rispettare l’Accordo di Parigi sul clima, mentre il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici neanche esiste: si è fermato a livello di bozza, elaborata dall’autorevole Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc) e rimasto chiuso in un cassetto dal 2017 a oggi.

Lamentarsi oggi del caldo è legittimo, ma senza una politica ambientale e industriale a supporto contro il riscaldamento globale servirà a poco.

 

(Articolo di Luca Aterini, pubblicato con questo titolo il 27 giugno 2019 sul sito online “greenreport.it”)

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