La Penisola Antartica verso un cambiamento irreversibile che può ancora essere evitato

 

Le regioni polari sono molto vulnerabili al riscaldamento globale. 

Mentre le temperature globali sono aumentate di 1° C, la Penisola Antartica ha visto un aumento della temperatura di oltre 2,5° C. 

Il Grantham Institute Briefing “The Antarctic Peninsula under a 1.5°C global warming scenario What change is it locked into?”, pubblicato dall’Imperial College London prende in considerazione come la Penisola Antartica risponderà ad un ulteriore aumento delle temperature globali di 0,5° C e spiega perché è essenziale limitare il riscaldamento globale a 1,5° C.

La conclusioni alla quale giunge il team di scienziati britannici e statunitensi guidato dal Grantham Institute sono molto preoccupanti: alla fine del XX secolo, il riscaldamento della penisola antartica era maggiore che altrove nell’emisfero australe.

Con un ulteriore aumento delle temperature globali di 0,5 ° C, le temperature della Penisola Antartica aumenteranno di 1 – 2° C in inverno e di 0,5 – 1,0° C in estate, con un massimo di 130 giorni all’anno oltre gli  0° C, portando a un aumento di pioggia, neve e scioglimento dei ghiacci e del deflusso superficiale.  

Aumenterà anche la turbolenza degli oceani e questo provocherà un aumento della temperatura superficiale del mare e della costa.

A ovest della penisola antartica l’estensione del ghiaccio marino sarà molto variabile.

Il ritiro del fronte della banchisa antartica accelererà e aumenterà la produzione di iceberg.

Sulle banchise aumenterà anche lo scorrimento dell’acqua di fusione,  ma probabilmente non le porterà ad ulteriori collassi.

Continueranno gli spostamenti verso sud degli areali delle fauna marina già in corso.

L’area terrestre dell’Antartide priva di ghiacci si espanderà, fornendo habitat per piante e invertebrati autoctoni e alloctoni  che approfitteranno del  riscaldamento.

In uno scenario di 1,5° C, le specie invasive rappresentano per la biodiversità endemica  una minaccia molto più grande rispetto agli impatti diretti del riscaldamento.

Ma il team di ricercatori sottolinea comunque i benefici che deriverebbero dal riuscire a mantenere l’aumento globale delle temperature entro gli 1.5° C: l’Antartide potrebbe salvare le sue banchise e ghiacciai interni e quindi impedire un aumento catastrofico del livello del mare.

Negli ultimi decenni una decina di banchise della Penisola Antartica si sono letteralmente disintegrate o hanno perso volumi significativi di ghiaccio, ma il team fa notare che «un mondo di 1,5 gradi aumenta la probabilità di diradamento e produzione di iceberg, tuttavia, è possibile che le grosse banchise di ghiaccio conservino ancora sufficiente integrità per evitare ulteriori guasti catastrofici».

Il principale autore dello studio, Martin Siegert del Grantham Institute dell’Imperial College London, spiega su BBC News che «al di sotto degli 1,5° C  non ci aspettiamo che le banchise di ghiaccio scompaiano, ma con un riscaldamento più intenso sembrano molto più vulnerabili con conseguenze per il livello del mare e altri impatti.

Bisogna spiegare i benefici degli 1.5° C  e stiamo cercando di spiegarlo mentre la Penisola è bloccata nel cambiamento: è ancora possibile evitare gravi problemi che potrebbero cambiare così tanto la Penisola da renderla irriconoscibile e senza precedenti storici»

Il briefing di Siegert  e del suo team è stato presentato ieri all’Antarctic Treaty meeting organizzato dal British Foreign Office e conferma che qualsiasi aumento della temperatura globale sarà quasi certamente amplificato nelle regioni polari.

Uno degli autori, David Vaughan, direttore scientifico al British Antarctic Survey, conferma: «Negli ultimi decenni, il riscaldamento locale nella penisola antartica è stato più alto che in qualsiasi altro luogo nell’emisfero australe.

Se in futuro si verificassero simili elevati livelli di riscaldamento locale, ingigantendo i  tassi di cambiamento sulla Penisola Antartica, allora la fusione estiva si sposterebbe verso sud, dove le banchise ghiacciate, che non hanno ancora mostrato alcuna ritirata progressiva o collasso, potrebbero essere minacciate.

La Larsen-C è probabilmente la più vulnerabile sulla costa orientale e, se siamo sfortunati, potrebbe subire un impatto nei prossimi due decenni».

Lo scorrimento di veri e propri fiumi sulla banchisa potrebbe causare dei crepacci profondi, con l’acqua di fusione che potrebbe raggiungere la base delle banchise.

Un processo che indebolirebbe l’intera struttura. 

Ma ci sono esempi in cui l’acqua di disgelo trova un percorso più facile verso il mare creando una rete di canali superficiali che potrebbero anche avere un effetto “rinfrescante”.

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 3 luglio 2019 sul sito online “greenreport.it”)

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