Guterres: la terra brucia non si può restare a guardare

 

«L’emergenza climatica come guerra al pianeta».

I conflitti vecchi e nuovi.

La crisi della solidarietà.

Le linee di divisione geo strategiche.

Le rotture nel contratto sociale in tanti paesi.

La speranza-minaccia delle nuove tecnologie.

Queste le «aree di rischio», le «faglie» mondiali sulle quali si è concentrato il segretario generale delle Nazioni unite António Guterres ieri nell’allocuzione al Senato italiano.

L’EX PARLAMENTARE portoghese ha elencato le tante situazioni di pericolo che «un mondo non più bipolare o unipolare ma non ancora multipolare» presenta.

Ad esempio, «in Sahel, Libia, Siria, Yemen, Afghanistan, terribili sofferenze sono provocate da conflitti asimmetrici fra Stati e gruppi non statuali, con interferenze esterne collegate a nuove forme di instabilità mondiale e terrorismo».

Quanto alla vicina Libia, «un esempio di come i conflitti nazionali possano tracimare» (forse l’Onu ha imparato la lezione della guerra del 2011 affidata alla Nato?), il segretario generale ha anche tirato le orecchie agli «Stati dell’Onu che danno armi ai contendenti e impediscono così il rispetto del cessate il fuoco chiesto dall’Onu».

E di fronte a un’altra rinnovata minaccia, quella della proliferazione nucleare, ha insistito sulla «prevenzione, possibile solo con il multilateralismo».

SULLA CRISI CLIMATICA Guterres ha insistito molto, dicendosi nuovamente deluso per i negoziati della Cop 25 a Madrid, «un’occasione persa per mostrare più ambizione».

Richiamando la propria visita alle vittime (climaticamente incolpevoli) dei cicloni in Mozambico e nei Caraibi, Guterres ha anche avuto parole per Venezia, «uno choc vederla così».

E «non è che l’inizio.

Vogliamo essere ricordati come Nerone che suonava l’arpa mentre la città bruciava?».

Ma ci vuole speranza: «La maggior parte dei paesi si è detta pronta a fare di più, e si stanno impegnando anche molte città, industrie, istituzioni finanziarie».

L’obiettivo?

«Per la scienza occorre ridurre le emissioni di gas climalteranti del 45% entro il 2030 e arrivare alla neutralità climatica 2050 per contenere l’aumento della temperatura mondiale a 1,5° C».

ELOGIANDO «LA GUIDA CHE i giovani stanno assumendo dovunque, anche qui in Europa», Guterres punta sull’anno 2020 con il percorso verso la Cop 26 di Glasgow sarà fondamentale: «Occorre maggiore volontà politica, gli impegni di Parigi del 2015 non sarebbero abbastanza nemmeno se tutti i paesi li rispettassero, e non è così; occorre mettere un prezzo alla CO2, smettere di destinare soldi pubblici ai combustibili fossili, stop al carbone dal 2020; dobbiamo coinvolgere i maggiori responsabili delle emissioni».

FONDAMENTALE la dimensione sociale dell’impegno per il clima: da un lato «rispondere alle aspettative dei paesi del Sud che chiedono risorse per mitigazione e adattamento, e risarcimenti per le calamità», dall’altro «a livello nazionale, l’impegno per una giusta transizione anche nel lavoro».

Il segretario generale ha stigmatizzato il «deficit di solidarietà nei confronti dei più deboli» e «l’aumento del razzismo e della xenofobia».

Nell’accoglienza di chi arriva, «Italia e Grecia hanno il diritto di ricevere solidarietà e sostegno, che non si sono materializzati», ha detto Guterres fra gli applausi.

Occorre leadership, «portare alla sbarra le reti criminali di trafficanti, insistere con programmi di sviluppo per i giovani nelle regioni di provenienza» ma anche «rafforzare i canali regolari di migrazione».

Per Guterres, un ulteriore possibile rischio è che «le due economie più grandi, il mondo occidentale e la Cina, possano sviluppare aree di influenza separate, ognuna con proprie regole e strategie militari. Evitiamo questo possibile scontro».

IL MONDO È ANCHE PERCORSO da una serie di proteste sociali che, pur diversificate, hanno una caratteristica comune: «Rottura del contratto sociale, deficit di fiducia nell’establishment, insieme agli effetti negativi della globalizzazione. I governi devono ascoltare le richieste dei popoli» e «l’Agenda 2030 con i suoi 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile e inclusivo serve da riferimento».

Guterres ha anche attirato l’attenzione sulle «grandi promesse di progresso e riduzione delle disparità» offerte dalle nuove tecnologie le quali però comportano rischi, non solo per gli abusi possibili ma anche per via del digital divide: «Occorrono strategie di lungo periodo e una formazione permanente per non accrescere l’esclusione di interi settori e aree del mondo».

(Articolo di Marinella Correggia, pubblicato con questo titolo il 19 dicembre 2019 sul sito online del quotidiano “il manifesto”)

 

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