L’Unione europea è l’area più avanzata rispetto ai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu, ma c’è ancora molta strada da fare. Alcuni ritardi rischiano infatti di far fallire il piano di azione su cui si sono impegnati tutti i Paesi del mondo nel 2015. Lo dimostra lo studio The European Union and the Sustainable Development Goals presentato oggi alla Farnesina dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), che per la prima volta misura la situazione di ogni Paese Ue rispetto agli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Gli indicatori compositi elaborati dall’ASviS rivelano infatti che tra il 2010 e il 2017 la situazione migliora per nove Obiettivi (salute, educazione, parità di genere, energia, occupazione, città, produzione e consumo, cambiamento climatico ed ecosistema marino), peggiora per due (ecosistemi terrestri e cooperazione internazionale), mentre per cinque (povertà, fame, infrastrutture, disuguaglianze, pace e giustizia) la situazione resta invariata (per l’Obiettivo 6, acqua pulita e servizi igienico-sanitari, non è stato possibile creare un indicatore composito per mancanza di dati). Restringendo l’analisi al breve periodo, tra il 2016 e il 2017 si segnalano miglioramenti nei due terzi dei casi, cioè per gli Obiettivi 1, 2, 3, 4, 5, 8, 10, 11, 14 e 16, stabilità per gli Obiettivi 7, 9, 12, 13 e 17, mentre nel caso dell’Obiettivo 15 si manifesta un peggioramento. E’ proprio il fronte ambientale quello su cui l’Italia sembra non riuscire a fare passai avanti. I due Obiettivi (15 e 17) che ci vedono peggiorare nella performance sono infatti quelli stabiliti per “proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre, gestire sostenibilmente le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e far retrocedere il degrado del terreno, e fermare la perdita di diversità biologica” oltre a “rafforzare i mezzi di attuazione e rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile“. “I risultati medi […]