Il taglio ai sussidi ambientalmente dannosi – o almeno a una loro piccola parte – torna ad affacciarsi nei programmi del Governo: si è chiusa nei giorni scorsi consultazione telematica avviata dal ministero dell’Ambiente sulla loro rimodulazione, e il prossimo passo è quello di proporre un pacchetto d’intervento nella prossima legge di Bilancio. La Commissione interministeriale per lo studio e l’elaborazione di proposte per la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi ha formulato alcune proposte normative volte a rimodulare sette sussidi censiti nel relativo Catalogo, rese oggetto di consultazione pubblica. Non si tratta dunque del pacchetto completo dei sussidi, ma va reso merito al fatto che l’operazione inizia comprendendo l’En.Si.24 – il differente trattamento fiscale fra benzina e gasolio – che da solo vale circa 5 miliardi di euro l’anno. Nonostante si sia tenuto durante tutto il mese di agosto, il ciclo di consultazione pubblica ha comunque raccolto la partecipazione di 327 soggetti fra cui imprese, associazioni economico-professionali, università, istituti di ricerca e privati cittadini. Adesso, anche tenendo conto dei contributi raccolti, la Commissione interministeriale sui Sad, approverà «un pacchetto definitivo di proposte normative che saranno poi trasmesse al ministero dell’Economia e delle finanze e inserite nel disegno di legge di Bilancio dello Stato per l’anno finanziario 2021. Il contenuto delle proposte sarà, quindi, sottoposto al vaglio del Consiglio dei ministri e del Parlamento che decideranno, secondo il consueto iter normativo, se e quali modifiche apportare», dichiarano dal ministero dell’Ambiente. Come precisano dal dicastero, le proposte contengono interventi graduali, pluriennali e proporzionali che eliminano le attuali agevolazioni a favore di attività o produzioni dannose per l’ambiente e le indirizzano verso iniziative “green”, ma mantenendole pur sempre in capo agli stessi soggetti beneficiari. Per la buona riuscita di un taglio alla rimodulazione dei sussidi ambientalmente dannosi sarà infatti centrale […]
Archivi Giornalieri: 6 Settembre 2020
Siamo costretti a tornare in piazza per chiedere alle istituzioni di agire. La pandemia ha reso evidenti le contraddizioni del nostro sistema economico e sociale, costringendoci ad affrontare la realtà, ascoltare la scienza e trattare ogni situazione di emergenza come tale. Nonostante ciò la crisi climatica continua ad essere ignorata e trascurata dalla classe politica. Nessun governo – men che meno quello italiano – ha cominciato ad affrontare in modo serio i numerosi richiami ed allarmi che la comunità scientifica ci ha fornito fino ad oggi. I politici hanno tutti gli strumenti per comprendere la portata esistenziale dell’emergenza ambientale, climatica ed ecologica che stiamo affrontando. Gli incendi, gli uragani, la siccità, la distruzione dei raccolti, le alluvioni e le migrazioni stanno già oggi mietendo vittime e di anno in anno rendono la vita sempre più difficile a milioni di persone in tutto il mondo. Perché tutto questo ancora non basta ai nostri politici per decidersi ad agire? Perché tocca ancora noi – ragazzi, studenti, lavoratori – scendere in strada e cercare di scuoterli? Perché questa decade è cruciale per la sopravvivenza della nostra società: le scelte che facciamo, le decisioni che prendiamo, le politiche che adottiamo saranno determinanti per il futuro delle prossime generazioni. Il 2020 deve essere l’anno dove cominciare ad implementare le giuste politiche di transizione ecologica, dove lavorare per avere una speranza di contenere il riscaldamento globale entro i + 1.5 gradi °C di aumento medio delle temperature globali rispetto ai livelli pre-industriali, evitando così le conseguenze peggiori della crisi climatica. Ogni paese dovrà far e la sua parte, e rispettare gli Accordi di Parigi che ha sottoscritto per salvaguardare il nostro clima e conseguentemente il nostro Futuro su questo pianeta. Il 25 settembre, Giornata Globale di Azione per la Giustizia Climatica, i gruppi di Fridays For Future di […]
Non si può parlare di meduse senza consultare il professor Stefano Piraino, docente di Zoologia e Biologia marina all’Università del Salento, che le studia da 30 anni. Le numerose ricerche a cui ha partecipato ne fanno uno dei massimi esperti a livello mondiale. Professor Piraino, com’è andata questa estate con le meduse? Nonostante i numerosi avvistamenti e contatti, non si sono registrate le invasioni degli anni precedenti. Ci hanno concesso una tregua? Sono anomalie che possono dipendere sia dalla fluttuazione delle meduse che da quella della popolazione sui litorali. Nel periodo iniziale dell’estate la presenza delle persone nelle località marine è stata nettamente inferiore rispetto agli anni precedenti. In alcune zone costiere si registra la medesima concentrazione di meduse, mentre in altre le popolazioni di meduse non si sono viste. Sono cambiamenti che vanno verificati e dipendono da situazioni di tipo locale. I dati non sono ancora sufficienti. L’unico certo di questa estate è la minore presenza umana. Lei ha coordinato un progetto europeo per l’installazione di reti anti-meduse nelle zone balneari. Con quali risultati? Il progetto, portato avanti dal 2012 al 2015, serviva a verificare l’efficacia di reti di protezione lungo i litorali in cui la presenza di meduse era tale da impedire la balneazione. Le abbiamo installate in aree del Mediterraneo che presentano condizioni ambientali diverse (Italia, Spagna, Malta, Tunisia), dimostrando di non avere un impatto sulla fauna marina. Non sono installazioni che possono essere lasciate in maniera permanente, ma rappresentano una misura di protezione sostenibile sul piano locale. Nelle zone in cui si concentra la balneazione si creano delle aree protette dalle reti, riducendo l’impatto che le meduse hanno sul piano sanitario. Le abbiamo installate alle Eolie durante un periodo di invasione della Pelagia, garantendo un elevato livello di protezione. In Spagna, lungo le coste della […]
****************************** N.B. – L’escursione è stata organizzata da Vasecoturismo di Rende- Cosenza.
Le immagini che mostrano una impressionante distesa di meduse al largo della costa ucraina del Mare di Azov, sezione settentrionale del Mar Nero, hanno fatto a metà agosto il giro del mondo. La concentrazione di Aurelia aurita (medusa quadrifoglio), una specie poco urticante, è talmente elevata da impedire ai canoisti di muoversi nell’acqua. Il vicedirettore dell’Istituto di ricerca per la pesca e l’ecologia marina dell’Ucraina ha dichiarato che il forte aumento della popolazione di meduse dipende dall’aumento della salinità che si sta registrando in quel mare. Ma l’incremento riguarda tutti i mari e sono molteplici le cause che lo stanno determinando. L’IMPATTO CHE L’UOMO HA SULL’ECOSISTEMA MARINO è alla base di questa crescita. Ogni estate facciamo i conti con le meduse e il termine più usato per definire la loro presenza è invasione, anche se in realtà siamo noi a invadere il loro habitat. L’interesse che le meduse stanno riscuotendo da alcuni anni è il risultato dell’impatto che, a loro volta, hanno sulle attività umane. Questo ci spinge a studiare gli aspetti sconosciuti della loro vita e il ruolo che svolgono negli equilibri naturali. Si tratta di animali planctonici costituiti per il 98% da acqua e che vivono sospesi, trasportati dalle correnti marine e dal moto ondoso. Appartengono al phylum Cnidaria, che comprende circa 10 mila specie. Vivono negli ambienti marini da almeno 500 milioni di anni e sono considerati tra i primi animali pluricellulari ad essersi affermati, conservando le loro caratteristiche nel corso del tempo. Sono un esempio di organismi il cui successo deriva dall’essere rimasti quelli che erano. Presentano una grande varietà di forme, dimensioni e modalità riproduttive, che ha consentito il loro adattamento nei mari di tutto il pianeta, dalle calde acque tropicali alle fredde acque delle zone polari. OGNI AMBIENTE MARINO HA LE SUE MEDUSE, dai piccoli […]