Riconversione, coltiveremo canapa dove non cresce l’erba

 

Siamo nel 2040.

L’ex Ilva di Taranto chiude e nei terreni che la circondano si coltiva la canapa, le cui radici sono in grado di assorbire sostanze tossiche come la diossina.

L’acciaieria viene riconvertita in stabilimento per la lavorazione di questa pianta.

La provincia tarantina, una volta devastata dall’inquinamento, è ormai un paradiso ambientalista.

Alcuni edifici della fabbrica diventano un museo, in memoria degli errori che l’uomo ha commesso e non deve mai più ripetere.

È questa la trama del documentario di finzione Milva, diretto dal pugliese Nico Capogna in uscita nelle sale italiane a partire da maggio 2021.

IL TRAILER DEL DOCUMENTARIO si apre con immagini note ai più: ciminiere blu e biancorosse che sputano fumo velenoso, tombe ricoperte di polvere rossa, la polvere di minerale, impressionanti statistiche sulle morti per tumore.

«Ma questa – dice una voce fuori campo – è una storia che conosciamo già».

Lo scenario cambia e il grigio paesaggio industriale lascia spazio a verdi campi coltivati.

Gli ex operai dell’acciaieria vengono formati alla lavorazione della canapa e prendono servizio nel nuovo stabilimento.

La manifattura tarantina a base di canapa fa tendenza.

MIGLIAIA DI TURISTI da tutto il mondo accorrono a visitare il Milva, ovvero Museo Ilva.

«Ma come si è arrivati a tutto ciò?» è la domanda che chiude il trailer, lasciando allo spettatore la curiosità di vedere il resto.

Milva è un mockumentary, ovvero un documentario che mescola elementi veri e fittizi.

L’obiettivo è raccontare in modo leggero una delle pagine più sporche della storia d’Italia.

«NON UN ALTRO BAMBINO, non un altro abitante di questa sfortunata città, non un altro lavoratore dell’Ilva, abbia ancora ad ammalarsi o a morire o ad essere comunque esposto a tali pericoli, a causa delle emissioni tossiche del siderurgico»: queste le parole con cui nel luglio 2012 il Gip Patrizia Todisco ordina il sequestro preventivo degli impianti dell’aerea a caldo, a cui concede però la facoltà d’uso l’anno successivo.

I vertici Ilva, compresi il patron Emilio Riva e suo figlio Fabio, finiscono sotto processo per associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale.

L’azienda viene commissariata dallo Stato.

È l’inizio di un declino che, secondo un’inchiesta de il Sole 24 Ore, tra il 2013 e il 2019 è costato all’Italia 23 miliardi di Pil.

La produzione di acciaio, scesa a 4,5 milioni di tonnellate nel 2019, si è ridotta ulteriormente nell’ultimo anno anche a causa della pandemia, che ha aggravato la crisi europea del siderurgico.

È diminuito il profitto, ma non il tasso di mortalità per malattie legate alle fonti inquinanti.

Secondo un rapporto dello studio epidemiologico Sentieri, pubblicato nel 2019, nella popolazione dell’area di Taranto risulta una mortalità in eccesso per tumore del polmone, mesotelioma alla pleura e malattie dell’apparato respiratorio.

LE VOCI CHE CHIEDONO una chiusura dello stabilimento si fanno sempre più insistenti, ma la volontà dello Stato italiano sembra andare in un’altra direzione.

L’accordo che il governo ha firmato l’11 dicembre con ArcelorMittal, il colosso franco-indiano che ha in gestione lo stabilimento dal 2018, prevede di riportare la produzione dell’acciaio a 8 milioni di tonnellate nel 2022, continuando ad usare carbone.

Sono tanti i cittadini di Taranto che si sentono condannati a morire di tumore o di fame sotto lo sguardo complice dello Stato.

MILVA E’ L’OPERA PRIMA da regista di Nico Capogna, 34 anni.

La gestazione del documentario è durata tre anni, durante i quali Capogna ha ascoltato le voci di Taranto: operai ArcelorMittal, attivisti, agricoltori.

L’idea è guardare il presente con gli occhi dell’ «uomo moderno che viene dal futuro», spiega.

«Un uomo che ha superato la fase di adolescenza tecnologica, e si è reso consapevole del fatto di essere padrone e guardiano dell’ambiente e dei meccanismi che generano la vita».

Denunciare, ma con ironia.

Milva vuole parlare in modo leggero della questione Ilva che, dice Capogna, «è un sopruso che va avanti da decenni».

UN DOCUMENTARIO provocatorio e che parli a tutti: anche ai tarantini che si oppongono alla chiusura dell’acciaieria.

La fabbrica mantiene tante famiglie, e in una terra con un tasso di disoccupazione giovanile altissimo il posto fisso è un privilegio.

Ma a Taranto le voci che chiedono un cambiamento ecosostenibile aumentano.

LA CANAPA POTREBBE ESSERE vista come l’antitesi dell’acciaio: pulisce ciò che il metallo avvelena.

Grazie alle sue proprietà fito-depuranti, elimina l’anidride carbonica dall’aria e i metalli pesanti ed altre tossine dal suolo.

È inoltre una pianta versatile dalla quale si possono ottenere migliaia di prodotti: tessuti, carta, tavole e miscele per l’edilizia, farina e olio, cosmetici, combustibili e materie plastiche.

«Sugli usi della canapa mi si è aperto un mondo», dice Capogna.

«La canapa è come il maiale vegetale: non si butta via niente».

Il progetto di una cinta di canapa intorno all’ex Ilva, seppur visionario, cambierebbe la monocoltura dell’acciaio imposta alla città di Taranto, e ridarebbe dignità ai proprietari di terre che non hanno più valore di mercato a causa della vicinanza alla fabbrica.

CHERNOBYL, TEATRO DEL NOTO disastro nucleare, ha promosso nel 1998 uno dei primi, efficaci esperimenti di fito-risanamento.

Altri esempi di riconversione ambientale si trovano nel bacino della Ruhr in Germania, a Bilbao e negli Stati Uniti.

E l’Italia?

L’Italia è indietro, dice Capogna.

«Ma non è mai troppo tardi».

Da quando è tornato a vivere in Puglia dopo gli studi di cinema a Roma, il regista si impegna per cambiare le cose nella propria terra, «perché le teste non devono andare via».

Nel 2017 ha fondato Pin Bike, una startup che ha l’obiettivo di incentivare la mobilità urbana sostenibile.

«Per natura sono uno che non sta mai fermo».

Capogna vuole evitare spoiler, e preferisce quindi non anticipare altri elementi della trama di Milva a parte quelli rivelati nel trailer.

Il documentario, finanziato dall’Apulia Film Commission e da varie aziende nazionali ed estere attive nel settore della canapa, è attualmente in fase di pre-montaggio.

La prima proiezione officiale è prevista a maggio 2021 in una sala tarantina.

Il ricavato sarà devoluto ad un’associazione impegnata nella promozione della ricerca in oncologia pediatrica.

(Articolo di Valeria Mongelli, pubblicato con questo titolo il 17 dicembre 2020 su “L’Extraterrestre” allegato al quotidiano “il manifesto” di pari data)

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