Elly Schlein: “Ambiente e diritti vanno insieme, le donne saranno protagoniste”

 

Le persone lo hanno capito prima dei politici: la questione sociale e la questione ambientale vanno affrontate insieme”.

A dirlo è una politica, Elly Schlein, 35 anni, vicepresidente della Regione Emilia-Romagna ed ex europarlamentare del Pd, convinta che ecologia, femminismo e diritti siano binari da percorrere in parallelo.

Nelle piazze che ho frequentato gli ultimi due anni – dice – dagli scioperi per il clima alla parità di genere fino a quelle di solidarietà ai migranti in Europa, ci sono aree di grande sovrapposizione.

Non è più il tempo di chiedere a quelle piazze di scegliere se si sentono più rappresentate da Greta Thunberg, da Carola Rakete o da Aboubakar Soumahoro, perché queste piazze tengono insieme tutte quelle battaglie.

E’ la politica che le guarda come se fossero separate, ma non è così”.

Elly Schlein, perché le donne sono sempre più protagoniste nelle questioni ambientali?

Il modello economico e sociale che ha imperato negli ultimi decenni è spietatamente individualistico, patriarcale e a favore di un uso intensivo e sfrenato delle risorse.

La matrice oppressiva di quel modello colpisce diverse fasce sociali.

E i diversi livelli di diseguaglianze non si elidono a vicenda, ma si sommano.

Alla Women March of London, ad esempio, marciavano insieme femministe, migranti ed ecologisti: si chiama intersezionalità, significa unire le lotte per riuscire a rovesciare il modello.”

Sommare le debolezze può diventare una forza?

Pensiamo a una donna costretta a migrare a causa della progressiva evaporazione del lago Ciad e dell’agonia di un ecosistema.

Questa donna paga l’ingiustizia climatica, di cui certo non è colpevole, paga l’essere donna, e molte partono con una pillola in tasca perché il rischio di subire violenze nel viaggio è altissimo, se è di colore subirà anche il pregiudizio razzista.

Quanti livelli di discriminazione è costretta a subire durante e dopo il suo viaggio?

Giustizia ambientale e sociale sono inscindibili, lo vediamo fuori dai nostri confini, ma anche dentro, se pensiamo a Taranto.”

La sinistra italiana è tradizionalmente estranea alle tematiche ambientaliste, qualcosa sta cambiando?
Rovesciamo la prospettiva: chi sono oggi i nemici dell’estrema destra?

Le donne emancipate, la comunità Lgbt, i migranti.

Alla visione della destra, che è quella dei muri, delle contrapposizioni, della colpa agli altri, bisogna rispondere con una visione chiara e altrettanto forte, che sia in grado di contrastare le disuguaglianze e attuare la transizione ecologica.

Si può fare, basta vedere cosa ha fatto Jacinda Ardern in Nuova Zelanda, ha scommesso su questi temi e ha vinto.

Il Pd è pronto a questo?

Credo che il quadro politico attuale sia insufficiente e inadeguato a questa sfida.

Abbiamo due grandi contenitori al governo che sono pieni di contraddizioni, ed è lecito chiedersi: qual è la linea del Pd e dei 5S sui migranti, sulla transizione ecologica, sui diritti?

La società ci chiede coerenza insieme all’unità.

Io non credo che serva un nuovo partito, ma serve mettere in rete chi trasversalmente è d’accordo su questi temi, e ce ne sono nel Pd, nei 5S e nei sedici partiti della sinistra, la cui frammentazione è altrettanto respingente quanto le contraddizioni dei grandi.

Oggi un giovane dove può fare politica?

Nei grandi contenitori pieni di contraddizioni o nelle formazioni che rischiano la marginalità?

Siamo in molti a essere orfani di una forza che sia ecologista, femminista e progressista insieme.

Ma quali sono gli spazi di compatibilità tra lavoro e clima in un tessuto industriale come quello italiano?
Spesso ci si chiede chi pagherà i costi della transizione e non ci si chiede chi sta già pagando i costi della non-transizione, che sono molto alti.

L’impatto ambientale è già molto forte, dall’intensità dei fenomeni meteorologici estremi, all’alternanza tra siccità e precipitazioni per l’agricoltura, questo comincia a entrare anche nella testa della finanza mondiale, che si sta in parte orientando sulla sostenibilità, ma anche i fondi assicurativi oggi considerano i rischi ambientali.

D’altra parte i settori dell’economia verde sono settori ad alta intensità di lavoro, è un processo che va accompagnato da incentivi e risorse per non lasciare nessuno indietro, ma investire in rinnovabili, efficientemente energetico, mobilità sostenibile e prevenzione contro il dissesto vuol dire creare lavoro di qualità in quantità.

Saluto con favore la svolta europea, eravamo in pochissimi a chiedere il Green New Deal, oggi è un programma della Commissione.”

Il settore produttivo è sufficientemente preparato?

Ha già dimostrato una grande propensione all’economia circolare, la politica paradossalmente è più indietro.

I recenti rapporti di Unioncamere e Symbola, per fare un esempio, parlano di 400 mila imprese italiane che stanno investendo in green e stanno dimostrando una maggiore resilienza.

I margini di compatibilità sono enormi ed è una svolta necessaria.”

C’è chi teme che guardare alle generazioni future significhi sacrificare quelle presenti, che ne pensa?
Tra le tante diseguaglianze legate alla pandemia, ci sono quelle di genere e generazionali. Abbiamo perso centinaia di posti di lavoro di giovani e donne, perché avevano ereditato i contratti più precari dalla crisi precedente.

Non dobbiamo contrapporre le generazioni, serve un patto intergenerazionale.”

La tecnologia aiuta o divide?

Io sono una nerd degli anni novanta, un’entusiasta della tecnologia, ma senza politiche adeguate rischiamo che la digitalizzazione aumenti le diseguaglianze.

Non è possibile che ordinare un pasto con un clic si accompagni allo sfruttamento più antico di forza lavoro, come nel caso dei riders.

Ha una ricetta?

La digitalizzazione va accompagnata con politiche redistributive.

Muoversi in rete non vuol dire essere fuori dallo stato di diritto: serve tutelare il nuovo lavoro e contrastare la grande elusione fiscale.

Poi bisogna chiedersi: quali tecnologie ci aiutano a capire meglio i bisogni delle nostre comunità?

I dati devono parlare tra di loro meglio di quanto non accada.

Sono tre le direzioni su cui investire: la residenzialità (qualificare le strutture per i più fragili), la domiciliarietà, come quando siamo andati a curare le persone nelle loro case, e il cohousing, cioè la messa in condivisione di spazi e servizi, per valorizzare le autonomie delle persone.”

L’Emilia Romagna ha appena firmato un patto per il lavoro e per il clima, di che si tratta?

Gli obiettivi sono chiari: l’avvio di un percorso di decarbonizzazione della regione Emilia Romagna entro il 2050 e il passaggio al 100% delle rinnovabili  entro il 2035.

E’ un patto-cornice, è la scelta di un metodo partecipativo, che ha la firma di 55 soggetti: enti locali, tutti i sindacati, tutte le organizzazioni di imprese, il terzo settore, le università e per la prima volta Legambiente e la Rete dei comuni Rifiuti Zero.

Il patto segna la volontà di assumersi la responsabilità collettiva di raggiungere questi obiettivi, alcuni dei quali, come la riduzione del traffico privato del 20%, sono molto stringenti.

C’è anche un piano di riforestazione per 4,5 milioni di nuovi alberi che coinvolge cittadini e comuni e poi la mobilità sostenibile con investimenti sul ferro e su 1000 km di ciclabili, l’agricoltura, in cui si è scelto di mettere le eccellenze a disposizione del livello collettivo.”

Può essere un modello o rischia di essere un’eccezione?

E’ un metodo che si può adottare anche altrove, è la stakeholder governance.

Lo stiamo dicendo al governo, chiediamo un forte coinvolgimento delle Regioni e delle parti sociali affinché i progetti siano veramente trasformativi.

Cogliamo l’occasione per rinnovare le Pa, con un piano di assunzioni dei giovani e provando a orientare l’operato delle Pa a precise misure strategiche, ad esempio sui risultati e sulle performance.”

Il governo vi sta ascoltando?

Il presidente Bonaccini ha chiesto a nome della conferenza delle Regioni un incontro a Conte, chiediamo un forte coinvolgimento sia per la progettazione che l’attuazione.

Io sono tra quelli, con Fabrizio Barca e Mario Monti, che ritiene centrale cogliere l’occasione del Next Generation Ue per rinnovare la Pubblica amministrazione a tutti i livelli, assumendo giovani e orientandone l’operato a precise missioni strategiche e ai risultati.

Ad oggi però il piano di governance non è ancora delineato, neanche con le Regioni.

Mi auguro che ci siano segnali positivi al più presto.”

(Intervista di Francesca Sforza, pubblicato con questo titolo il 31 dicembre 2020 sul sito online del quotidiano “la Repubblica”)

 

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