«Deposito scorie nuke necessario, cercasi volontari»

 

La pubblicazione della Carta delle aree potenzialmente idonee per la realizzazione del Deposito nazionale delle scorie radioattive, con annesso Parco tecnologico, attesa da anni, ha subito sollevato polemiche. Ne abbiamo parlato con il sottosegretario all’Ambiente con delega alle politiche nucleari Roberto Morassut.

Perché tanto tempo per togliere il nulla osta alla Cnapi?

La decisione era non rinviabile, pena un’infrazione europea.

È frutto di un lungo lavoro di approfondimento svolto dai ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente.

L’Italia potrà allinearsi ai Paesi che da tempo hanno sul proprio territorio depositi analoghi, o li stanno costruendo, rispettando gli impegni etico-politici nei confronti dell’Ue e delle generazioni future. I rinvii proseguivano dal 2014 forse per timore di polemiche.

Ora inizia la consultazione pubblica, come funzionerà?

Durerà quattro mesi e coinvolgerà tutti i soggetti interessati.

Per la prima volta in Italia la localizzazione di una grande opera avviene mediante una procedura basata sulla partecipazione dei territori, per arrivare a una soluzione concordata.

Per i 60 giorni successivi alla pubblicazione della Cnapi e del Progetto preliminare, i portatori di interesse potranno formulare osservazioni e proposte tecniche in forma scritta e non anonima, trasmettendole a Sogin attraverso il sito depositonazionale.it.

Entro i 120 giorni successivi alla pubblicazione, Sogin promuoverà il Seminario Nazionale, in cui i portatori d’interesse dei territori parteciperanno al confronto su Cnapi, Progetto Preliminare, sicurezza e benefici dell’infrastruttura.

Per altri 30 giorni successivi al Seminario sarà possibile inviare ulteriori osservazioni a Sogin e al Mise.

Terminato il periodo di consultazione, sulla base delle osservazioni raccolte, entro 60 giorni Sogin elaborerà la proposta di Carta Nazionale delle Aree Idonee (Cnai), che dovrà essere approvata con decreto del Mise entro ulteriori 60 giorni.

Si aprirà quindi la raccolta delle manifestazioni d’interesse non vincolanti da parte di Regioni ed enti locali il cui territorio ricade anche parzialmente nelle aree idonee.

Come affronterete l’opposizione delle comunità locali?

E come eviterete una nuova Scanzano?

Non ci sarà una nuova Scanzano.

Quanto accaduto nel 2003 serva da monito.

Il percorso, avviato da questo governo, punta su informazione, partecipazione e trasparenza.

Le 67 aree individuate sono solo potenziali e andranno sottoposte alla consultazione popolare. Non escludiamo auto-candidature, ma a nessuna comunità verrà imposto nulla.

Ci impegniamo al confronto.

Un metodo che andrebbe esteso a tutte le opere pubbliche.

Verranno coinvolte le associazioni ambientaliste?

Assolutamente sì.

In quanto portatrici di interessi qualificati invieranno osservazioni e proposte tecniche per dare il loro qualificato contributo nel dibattito pubblico durante il Seminario.

Greenpeace, a differenza di altre associazioni, è contraria al deposito unico delle scorie.

Cosa ne pensa?

Con tutta probabilità teme che non venga raggiunto lo scopo che ci siamo prefissi rendendo pubblica la Cnapi.

È una sfida per chi, partendo dalla premessa di chiudere definitivamente la vicenda nucleare nel nostro Paese, vuole allinearsi in termini di sicurezza a quanto sta avvenendo negli altri Paesi.

Avere un solo deposito super sicuro anziché gli attuali venti sparsi che non offrono le stesse garanzie è l’obiettivo e la sfida. Greenpeace potrà esprimere le proprie valutazioni.

Come sarà costruito e organizzato il Deposito nazionale?

Sarà un’infrastruttura che permetterà di sistemare definitivamente in sicurezza i rifiuti radioattivi prodotti dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari e dalle quotidiane attività di medicina nucleare, industria e ricerca.

Sarà costruito in un’area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al Deposito e 40 al Parco e sarà costituito dalle strutture per lo smaltimento definitivo dei rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività (circa 78.000 metri cubi) e da quelle per lo stoccaggio di lungo periodo dei rifiuti a media e alta attività (circa 17.000 metri cubi), che dovranno essere successivamente trasferiti in un deposito geologico idoneo alla sistemazione definitiva.

Saranno 90 costruzioni in calcestruzzo armato (celle), al cui interno verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale (moduli), che racchiuderanno i contenitori metallici con i rifiuti radioattivi già condizionati (manufatti).

C’è chi chiede perché non sia possibile mandare le scorie all’estero.

Com’è regolamentato l’obbligo della realizzazione di un Deposito nazionale?

I rifiuti radioattivi devono essere smaltiti nel Paese in cui sono stati prodotti.

A sancirlo è la direttiva europea 2011/70 recepita dall’Italia nel Decreto Legislativo n. 45 del 4 marzo 2014.

Nei decenni passati l’Italia ha inviato in Francia e Inghilterra il combustibile irraggiato delle vecchie centrali nucleari di Latina, Garigliano, Trino e Caorso per il riprocessamento.

Il combustibile per il riprocessamento e lo stoccaggio in Francia e Gb è già costato oltre 1 miliardo di euro.

Mentre l’uranio resta in questi Paesi in cui si produce ancora energia elettrica da fonte nucleare, i rifiuti radioattivi derivanti dalle operazioni devono rientrare in Italia.

Il Deposito nazionale ci consentirà il rientro di questi rifiuti, oggi in Gran Bretagna e Francia, arrestando il flusso di risorse economiche destinato a pagare il loro stoccaggio (svariate decine di milioni di euro all’anno).

Il deposito ospiterà temporaneamente anche rifiuti a media e alta intensità.

In che modo?

In attesa della disponibilità di un deposito geologico di profondità, i rifiuti ad alta attività saranno stoccati in sicurezza in una diversa struttura di deposito temporaneo, la Csa, Complesso Stoccaggio Alta attività, nello stesso sito del Deposito nazionale.

Saranno stoccati in appositi contenitori altamente schermanti.

Ci sono novità sull’iter del deposito comune europeo?

Sono in corso interlocuzioni e approfondimenti.

L’individuazione di un sito unico europeo o per macroregioni è una necessità per tutti.

Si tratta ora di ricercare l’intesa definitiva, tenendo presente che il quantitativo delle nostre scorie è limitato rispetto ai Paesi dove è ancora in auge l’attività nucleare.

Al ministro Amendola rappresenteremo questa necessità.

Quali compiti avrà il Parco tecnologico?

Comprenderà un centro di ricerca applicata e formazione, aperto a collaborazioni internazionali, dove svolgere studi nel campo dello smantellamento nucleare, della gestione dei rifiuti radioattivi, della radioprotezione e della salvaguardia ambientale.

Il progetto prevede anche un laboratorio ambientale e una scuola di formazione.

Il Vercellese, che ospita la maggior parte delle scorie radioattive, è stato considerato inidoneo.

Come affronterete la situazione?

Va continuamente monitorata e vanno potenziate tutte le misure per rendere quel sito ancor più sicuro.

Anche situazioni come questa ci hanno spinto ad affrontare, senza ulteriori ritardi, la questione del deposito unico.

Il sindaco di Trino Vercellese, località non inserita nella Carta, si è offerto, supportato da Salvini, di ospitare il Deposito nazionale o di ampliare gli attuali siti temporanei, come valuta l’esternazione?

Il sindaco sa bene che Trino è incompatibile rispetto alle linee guida.

Il territorio comunale è attraversato dal Po e il primo criterio di esclusione è la vicinanza ai corsi d’acqua.

Quando pensa che verrà scelto in modo definitivo il sito per il Deposito nazionale e quando entrerà in esercizio?

Il tempo stimato per arrivare all’autorizzazione per la costruzione è di circa 44 mesi dal nulla osta alla Cnapi.

Da quel momento avrà inizio la realizzazione del progetto che, secondo il Decreto legislativo 31/2010, entrerà in esercizio nel 2029.

Ma alcune specifiche strutture di stoccaggio potranno essere disponibili già a partire dal 2025.

L’Italia parteciperà alla consultazione francese sul nucleare, come richiesto da Greenpeace?

Lo chiederemo alle autorità francesi in una nota che stiamo predisponendo, anche rispondendo alle giuste sollecitazioni di Greenpeace.

Ci stiamo impegnando sull’ipotesi di estensione della licenza dei reattori nucleari d’Oltralpe, che si trovano in prossimità dei nostri confini.

In base alla classifica di idoneità, due aree alessandrine sarebbero in pole per il Deposito.

Cosa comporta questo?

Assolutamente nulla, se non considerare questi due siti alla stregua degli altri 65 potenziali.

Ci saranno consultazioni e approfondimenti e può anche succedere, come prevede la norma, che ci siano autocandidature.

Allora, cambierebbe il percorso.

(Articolo di Mauro Ravarino, pubblicato con  questo titolo il 14 gennaio 2021 su “L’Extraterrestre” allegato al quotidiano “il manifesto” di pari data)

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