Vandana Shiva: “Io, spina nel fianco dell’industria Ogm. Vogliono screditarmi ma continuo a lottare”

 

Articolo di Federico Rampini pubblicato oggi 3 ottobre 2014 con questo titolo sul quotidiano Repubblica/Ambiente, con la seguente premessa: “Attacco del New Yorker alla leader del movimento mondiale contro gli organismi geneticamente modificati. E lei, a Repubblica, ribatte alle accuse una per una”.

 Immagine.Federico Rampini.

Federico Rampini

Da New York è esplosa “l’affaire Vandana Shiva” con una risonanza internazionale. 

Seeds of Doubt (i semi del dubbio), s’intitola l’ampio reportage che le ha dedicato il giornalista scientifico Michael Specter sul magazine New Yorker. 

Un attacco frontale alla reputazione della Shiva, alle sue tesi, perfino alla sua onestà. 

Scontro fra titani. 

Da una parte c’è la 62enne indiana che ha fondato nel 1987 il movimento Navdanya (“nove semi”), ha ricevuto il prestigioso Right Livelihood Award, guida una crociata globale contro la multinazionale Monsanto, si è costruita un immenso seguito, con  alleati italiani come Slow Food e Terra Madre. 

Immagine.Vandana Shiva

Vandana Shiva

Sul fronte opposto c’è una delle più prestigiose testate d’America, un tempio del giornalismo di qualità, diretto da David Remnick.

 Immagine.David Remnick

David Remnick

E progressista doc.

È uno scisma all’interno dell’opinione pubblica liberal? 

Citando un pezzo di comunità scientifica che è ormai convinto della sicurezza degli Ogm, e ancor più della loro superiorità su ogni alternativa (coltivazioni tradizionali con alto uso di pesticidi, coltivazioni “bio” esposte a tossine), il reportage è una requisitoria contro la Shiva. 

È descritta come una ciarlatana, priva di basi scientifiche, abile a sfruttare paure irrazionali dell’opinione pubblica. 

Le accuse sono pesanti, per esempio sulle “correlazioni” infondate tra Ogm e autismo. 

O peggio: le campagne contro gli Ogm secondo economisti di Berkeley e Monaco sono responsabili di migliaia di morti per avere impedito l’adozione del Golden Rice, il riso arricchito con vitamina A che riduce la cecità tra i bambini dei paesi poveri. 

Specter cita una scienziata consulente della Commissione europea secondo cui “la paura degli Ogm non è veramente motivata dal pericolo di queste biotecnologie, ma dalla diffidenza verso le multinazionali che dominano l’agroindustria“. 

La comunità scientifica non è compatta, in realtà. 

Lo dimostrano le lettere al New Yorker. 

Eric Chivian, scienziato della Harvard Medical School, accusa Specter di “perdere credibilità perché omette serie preoccupazioni scientifiche” sugli insetticidi neuro-tossici usati per coltivare il mais geneticamente manipolato.

 Immagine.Eric Chivian

Eric Chivian

I toni rasentano la guerra di religione, sul sito di Vandana Shiva appare, poi rimosso, un appello a trattare i pro-Ogm come “nazisti che vanno processati per crimini contro l’umanità“. 

A sua volta, lei elenca intimidazioni e minacce di morte. 

Dalla sua casa di New Delhi mi dedica un’ora del suo tempo al telefono e risponde a tutte le domande più spinose.

Cominciamo dai titoli di studio.  

Specter insinua il dubbio che lei si presenti come una scienziata mentre non lo è, la descrive come una che ha solo la laurea breve, anche se poi il direttore Remnick ha fatto su questo un’autocritica (“Nessuno contesta che abbia ottenuto un master in Fisica e sono dispiaciuto che non sia menzionato nell’articolo“). 

Lei è o non è una scienziata?

Dove ha studiato?

Specter e l’industria biotecnologica vogliono screditarmi descrivendo me e i milioni di persone contrarie agli Ogm come anti-scientifici, romantici. 

I miei studi sono una spina nel fianco per loro.  

Ho preso un Ph. D. (dottorato di ricerca) in Canada, in Filosofia della scienza con una tesi sulla Teoria quantica; e un master in Fisica.  

La teoria quantica mi ha insegnato alcuni principi che ispirano il mio lavoro, ma mi sono spostata da un paradigma meccanicistico a uno ecologico.  

Potevo continuare i miei studi quantici alla fondazione Tata o proseguire studi interdisciplinari sulle politiche della ricerca scientifica al Politecnico di Bangalore.  

Ho scelto la seconda strada per approfondire le relazioni tra scienza e società.  

Ho studiato abbastanza la fisica per impadronirmi dei suoi concetti, ma non mi sono voluta trasformare in una macchina di calcolo. 

E ho tanta stima degli intellettuali non-scienziati che contribuiscono a mettere in discussione il pensiero scientifico, come Noam Chomsky“.

Altra accusa: la sua campagna ignora che il cotone Bt (con il Bacillus thuringiensis) abbia migliorato la condizione dei contadini indiani, ridotto l’uso di pesticidi e quindi le malattie dei coltivatori.  

Inoltre quell’epidemia di suicidi che lei denuncia sarebbe un falso: la percentuale tra i contadini indiani che coltivano Ogm sarebbe inferiore rispetto ad altre categorie sociali.

Specter non ha fatto una vera ricognizione sul campo, non si è spinto nella regione cotoniera del Maharashtra.  

Altrimenti avrebbe saputo di Shankar Raut e Tatyaji Varlu, del villaggio di Varud, suicidi dopo il disastroso raccolto di cotone Bt. 

E tanti casi come questi.  

L’argomento che i contadini si suicidano per i debiti, e non per gli Ogm, è specioso.  

Gli agenti della Monsanto che vendono semenze Ogm, fertilizzanti e pesticidi, sono gli stessi che fanno il credito.  

Il contadino prima si indebita per le semenze di cotone, poi scopre di dover comprare più fertilizzanti e pesticidi e s’indebita ancora. 

Il bacillo del cotone Bt perde efficacia, le dosi di pesticidi aumentano, i debiti pure.  

È questo ciclo di alti costi, escalation nei prodotti chimici, la trappola del debito che spinge al suicidio“.

Il New Yorker contesta la sua affermazione secondo cui i brevetti della Monsanto impediscono ai contadini di conservare le sementi.  

Una legge sui diritti degli agricoltori, varata nel 2001, tutela il loro diritto di conservare e riutilizzare i semi.  

E, secondo l’articolo, i costi scendono e i raccolti sono più ricchi.

Prima che arrivasse la Monsanto le semenze locali di cotone costavano da 5 a 10 rupie il chilo.

Il monopolio costruito dalla Monsanto ha fatto salire i prezzi a 3.555 rupie il chilo di cui 1.200 sono royalties.  

Laddove la Monsanto ha dovuto ridurre i prezzi, per esempio nell’Andra Pradesh, è successo grazie alle nostre pressioni sull’antitrust locale.  

Anche la legge del 2001 non nasce per caso, io ero stata designata tra gli esperti del ministero dell’Agricoltura.  

Ma la lotta non finisce mai.  

Pensi che in questo momento la Pepsi Cola sta penetrando nel business delle mense scolastiche in India.  

Altro che alimentazione equilibrata, chilometro zero.  

Un colosso americano del junk-food vuole decidere cosa mangiano i bambini indiani.  

È in pericolo la nostra sovranità alimentare.  

Dietro le campagne ideologiche come questo articolo del New Yorker s’intravede un altro obiettivo. 

Monsanto vuole conquistare l’Africa.  

Perciò devono diffondere il mito che i loro Ogm hanno reso ricchi i contadini indiani“.

Ma ci sono fior di scienziati autorevoli, non al servizio delle multinazionali, che lavorano in strutture di ricerca pubbliche, e difendono gli Ogm.  

Chiedono di non essere demonizzati. Chiedono che la libertà di ricerca sia difesa anche se i risultati sono sgraditi.

Il principio fondamentale che ci muove è questo: l’idea che il diritto su un seme sia proprietà privata, è inaccettabile. Non si deve poter brevettare e privatizzare una pianta (o addirittura generazioni di piante) così come non si deve poterlo fare con la vita umana.  

L’America difende delle forme estreme di proprietà privata attraverso i brevetti. 

Non sono contraria alla ricerca.  

L’importante è che gli scienziati distinguano i ruoli.  

Chi fa ricerca in laboratorio non deve poi essere coinvolto nella commercializzazione di un prodotto.  

Uno scienziato puro non deve trasformarsi in venditore globale di sementi brevettate.  

La Monsanto non persegue il progresso scientifico, altrimenti non sarebbe contraria alla trasparenza.  

Guardi, nonostante le loro campagne perfino in America l’opinione pubblica vuol essere informata, chiede l’etichettatura degli Ogm.  

E Monsanto che fa?  

Trascina in tribunale lo Stato del Vermont per bloccare l’obbligo delle etichette trasparenti.  

Anche l’Europa è minacciata, dentro il nuovo trattato di libero scambio che state negoziando con gli Usa ci sono attacchi al vostro principio di precauzione“.

In seguito alle accuse del New Yorker un agronomo italiano ha proposto che il governo Renzi cancelli la sua partecipazione all’Expo 2015.

Se non ci vado io, andranno altri a sostenere le mie tesi.  

L’importante è che l’Expo non sia una manifestazione commerciale bensì un’occasione educativa, per riflettere sul grande tema di oggi: in che modo si deve nutrire l’umanità, con quali conseguenze sulla salute, sui consumi energetici, sulla biodiversità.  

Dobbiamo riprenderci questi temi essenziali della vita, sottrarli alla macchina propagandistica dell’agrobusiness“. 

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 COMUNICATO STAMPA DI VAS

SOLIDARIETA’ A VANDANA SHIVA

L’attacco del New Yorker a Vandana Shiva dimostra ancora una volta (se ce ne fosse bisogno) a che punto è giunta l’azione delle multinazionali e della Monsanto in particolare per denigrare e criminalizzare chi si oppone alla produzione e alla commercializzazione degli OGM. 

I silos di Argentina, Stati uniti e Canada sono stracolmi di mais e soia invenduti. 

I prezzi crollano e allora bisogna andare all’attacco. 

Questa volta l’obiettivo è Vandana Shiva pioniera e simbolo di una lotta epocale e universale. 

Difficilmente riusciranno a scalfire le idee e il sapere che Vandana ha portato in giro per il mondo e noi che insieme alla coalizione OGM free siamo in prima linea in questa battaglia di civiltà, Le esprimiamo la nostra incondizionata solidarietà. 

Non manca anche in questa occasione nel nostro Paese “l’agronomo di turno” che chiede l’espulsione dall’Expo 2015 di Vandana Shiva. 

La stupidaggine non ha limiti, come su tante cose alle quali stiamo assistendo in questi giorni.

 

Sen. Guido Pollice

Presidente Verdi Ambiente e Società

Simona Capogna

Vice Presidente Verdi Ambiente e Società

 

 

 

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