A Bologna si è chiuso il G7 Ambiente delle parole, aspettando quello degli impegni

 

Strette di mano e sorrisi stiracchiati hanno chiuso il sipario a Bologna su un G7 Ambiente più che tiepido, azzoppato in partenza dalla defezione – anche fisica, visto l’addio anticipato dal vertice dello statunitense Scott Pruitt – degli Usa dall’Accordo di Parigi sul clima.

Evidente e comprensibile l’imbarazzo degli altri leader nel commentare l’evolversi della partita climatica, con il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti a spiegare durante la dichiarazione finale che «l’Accordo di Parigi rimane l’unico strumento possibile per combattere i cambiamenti climatici, ogni opzione diversa per noi è esclusa», dall’altra rassicurando sul fatto che gli Stati Uniti vogliono «continuare la propria politica di riduzione della CO2, anche al di fuori dall’Accordo di Parigi».

È stato insomma un G7 Ambiente «all’insegna del dialogo, dove sono stati costruiti ponti e non muri» per dirla con il ministro Galletti, dove comunque qualche impegno concreto è stato portato a casa al di là degli esercizi d’equilibrismo politico cui questo tipo di vertice internazionale ha ormai abituato.

Nel comunicato finale siglato da tutti gli Stati del G7, Usa compresi, i firmatari si impegnano ad esempio a «porre fine entro il 2025 dei sussidi ai combustibili fossili “inefficienti” – spiega la responsabile Energia e clima del Wwf Mariagrazia Midulla, esplorando il punto 53 dell’intesa – e in generale ai sussidi dannosi per l’ambiente, sul varare riforme fiscali in senso ecologico e sul cogliere le opportunità  della transizione energetica anche in termini di occupazione, attutendone l’impatto sociale: è quello che chiede anche il Wwf, con tante organizzazioni sindacali, ambientali e di sviluppo, parlando di ‘transizione giusta’».

Applausi sono stati incassati anche per la “Bologna roadmap”, un percorso valido 5 anni all’interno del quale gli stati firmatari si impegnano a scambiarsi informazioni sull’utilizzo efficiente delle risorse naturali, promuovendo l’adozione di migliori indicatori e migliori pratiche (compreso sul Green public procurement), non fissando però alcun target stringente.

Dall’Unep – il Programma Onu per l’ambiente – preferiscono soffermarsi invece sulle intese raggiunte in campo finanziario, in un momento storico che vede il mercato dei green bond a livello globale a quota 80 miliardi di dollari nel 2016 (e si confida quasi raddoppi a 150 miliardi di dollari entro fine anno), con l’Italia che ha chiesto di «esaminare come promuovere il ruolo del sistema finanziario globale per lo sviluppo sostenibile – ha spiegato Galletti – volgendo triliardi di dollari di capitali verso investimenti verdi».

Anche in questo caso, però, il senso delle proporzioni suggerisce comunque cautela: ad oggi, i green bond rappresentano meno dell’1% dei mercati obbligazionari, ricorda l’Unep sottolineando la necessità di nuove azioni per accelerarne la crescita.

Il problema principale che il G7 non ha saputo affrontare rimane quello del tempo.

I limiti ecologici dell’unico pianeta che abbiamo a disposizione sono messi a dura prova, minacciando mutamenti rapidi e irreversibili nell’ambiente che ci dà vita nel caso in cui vengano superati.

Un senso di tremenda urgenza che non si è avvertito all’interno del G7 Ambiente orfano degli Stati Uniti, almeno per quanto riguarda la lotta ai cambiamenti climatici.

Consapevole dell’importanza della defezione, dal ministro Galletti è arrivato infine uno slancio coraggioso: «Per quanto ci riguarda siamo pronti a fare anche di più di quello che abbiamo detto nell’Accordo di Parigi, perché questo per la nostra gente, per i nostri cittadini e per le nostre economie sia un tema cruciale ed indispensabile».

Come sempre, il peso delle parole andrà poi raffrontato con quello dei fatti, dato che ad oggi l’Agenzia europea dell’ambiente informa che le emissioni di gas serra sono tornate a crescere dello 0,5% in Ue, e di quasi il quintuplo in Italia.

 

(Articolo di Luca Aterini, pubblicato con questo titolo il 13 giugno 2017 sul sito online “greenreport.it”)

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