Clima, l’Onu applaude alla Cina: tagli alle emissioni raggiunti con tre anni d’anticipo

 

«Arrivano ottime notizie dalla Cina, molto incoraggianti, in quanto la comunità internazionale cerca di accelerare la transizione verso basse emissioni di carbonio e accrescere l’ambizione per il raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi sul clima».

Patricia Espinosa, la segretaria esecutiva dell’Unfccc – ovvero la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici – cinguetta entusiasta su Twitter la soddisfazione dell’Onu per le notizie che arrivano da est: la Cina è riuscita a tagliare le proprie emissioni di CO2 per unità di Pil del 46% rispetto al livello del 2005, rispettando il suo impegno di riduzione del 40-45% con tre anni d’anticipo rispetto al target fissato nel  2020.

La notizia arriva direttamente dall’agenzia di stampa ufficiale cinese Xinhua, che riporta i dati diffusi dal rappresentante cinese ai negoziati Unfccc, ovvero l’inviato speciale del ministero Affari esteri Xie Zhenhua.

«Questo risultato è riconoscimento degli sforzi a lungo termine condotti dal nostro Paese e del coordinamento raggiunto a livello nazionale e internazionale – ha dichiarato Xie a Hong Kong dopo aver ricevuto il premio Lui Che Wo per i suoi sforzi nell’affrontare il riscaldamento globale – Passando dall’affrontare la sfida dei cambiamenti climatici alla promozione dell’opportunità storica di raggiungere uno sviluppo sostenibile».

Un successo che è stato raggiunto dalla Cina grazie al suo Emissions trading scheme (Ets), ovvero un mercato delle emissioni del carbonio che funziona attraverso il meccanismo “cap&trade”: si fissa un tetto massimo (“cap”) al livello complessivo delle emissioni consentite a tutti i soggetti vincolati, ma si permette ai partecipanti di acquistare e vendere sul mercato (“trade”) diritti a emettere CO2.

L’Ets cinese è stato lanciato nel 2011 e comprende oggi settori come la produzione di ferro, acciaio e cemento (oltre che la produzione di energia, aggiunta nel dicembre 2017) in 7 Province e Comuni tra cui Shangai.

Questo significa che, sebbene sia solo in una fase embrionale, l’Ets cinese copre già circa emissioni totali di anidride carbonica superiori a 3 miliardi di tonnellate, rendendolo il più grande del mondo e il doppio di quello Ue.

Una performance che difatti mette purtroppo in ombra i risultati finora raggiunti dall’Ets europeo, il primo al mondo di ampia rilevanza (è nato nel 2005, e riformato nel 2017) ma che ancora oggi sconta prezzi del carbonio troppo bassi e risultati insufficienti.

Soprattutto, il risultato raggiunto dalla Cina si mostra significativo se incrociato con i dati economici messi in fila dal gigante asiatico nel corso degli anni.

Dal 2005 al 2015 l’economia cinese è infatti cresciuta del 148%, mentre allo stesso tempo l’intensità del carbonio (cioè la quantità di emissioni di carbonio “necessaria” per produrre un’unità di Pil) è diminuita del 38,6%, ed è continuata a calare (del  6,6%) nel 2016.

Anche l’Italia – per offrire una pietra di paragone –  ha visto le proprie emissioni di gas serra diminuire del 16,7% nel periodo 1990-2015, e con tutta probabilità riuscirà a raggiungere l’obiettivo di riduzione al 2020 assegnato dalle direttive europee, ma la performance economica del nostro Paese non è minimamente paragonabile a quella che ha caratterizzato la Cina negli ultimi lustri.

Anzi, come certifica lo stesso Ispra già dal 2015 le emissioni di gas serra italiane «sono aumentate del 2,3%, come probabile effetto di una ripresa economica», mostrando quanto sia ancora inconsistente il nostro disaccoppiamento tra Pil e gas serra.

Buone notizie sul fronte orientale dunque, ma anche un’amara verità che vale la pena ricordare.

Al nostro pianeta non interessa con quanta efficacia il genere umano riesca a incrementare il Pil globale riducendo contemporaneamente le emissioni di gas serra. Per contrastare il cambiamento climatico quel che deve calare – drasticamente, e rapidamente – sono le emissioni totali di questi gas serra; emissioni che, dopo essere rimaste stabili per 3 anni di fila, nel corso del 2017 sono tornate a crescere.

Anche in Cina (dove il Pil è cresciuto del 7% e la CO2 nel comparto energetico dell’1,7% secondo i dati Iea), che nonostante tutto rimane il principale Paese emettitore al mondo: i progressi sono molto incoraggianti, ma rimane ancora tanto da lavorare.

 

(Articolo di Luca Aterini, pubblicato con questo titolo il 29 marzo 2018 sul sito online “greenreport.it”)

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