E’ scioccante dirlo, ma il Brasile, il più grande ed economicamente importante Paese del Sud America, ha un presidente nazifascista: l’ultradestro Jair Bolsonaro ha vinto il secondo turno delle elezioni presidenziali con il 55,20% dei voti e Fernando Haddad, del Partido dos Trabalhadores si è fermato al 44,80%, la sua rincorsa è stata frenata dall’astensionismo dalle schede bianche di chi, pur avendo paura di Bolsonaro, ha avuto più schifo della corruzione e dello spostamento al centro del PT. Mentre una parte dell’elettorato di Bolsonaro, pur non condividendone le idee, ha voluto dare una lezione proprio al PT. La cosa assurda in tutto questo è che tutti i sondaggi dicevano che ci sarebbe stato un candidato che avrebbe battuto facilmente Bolsonaro: l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva che di quel PT tanto odiato è il simbolo e che è stato messo in galera dai suoi ex alleati centristi che avevano già portato a compimento il golpe istituzionale contro la ex presidente Dilma Vana Rousseff. Così il corrottissimo centro-destra brasiliano che credeva di prendere il potere facendo fuori il PT si è trovato presidente della repubblica un fan della dittatura militare, di Hitler e di Donald Trump, con il quale naturalmente si alleerà per fare il governo, visto che il Partido Social Liberal di Bolsonaro ha solo l’11,7% dei voti, 52 deputati e 4 senatori. Ma Bolsonaro, che è stato votato anche da milioni delle vittime designate della sua politica reazionaria (poveri, neri, donne, comunità LGBTQ), ha dalla sua parte alleati ben più potenti: la Bancada Ruralista dei fazendeiros, la Confindustria brasiliana, le multinazionali energetiche, del legname e dell’agroindustria, le ultraconservatrici e misogine chiese evangeliche (e il pezzo più retrivo di quella cattolica) e soprattutto i militari che non credono ai loro occhi e alle loro orecchie vedendo un Paese che chiede con […]