Covid-19 e crisi climatica, Cnr: in entrambi i casi serve un’azione globale e tempi rapidi

 

Un’azione globale.

Netta, rapida, in barba agli scettici e ai negazionisti.

Per quanti problemi che ci attanagliano l’elenco appena fatto potrebbe essere la migliore se non l’unica soluzione?

Di certo per la pandemia in corso, e lo stiamo dimostrando sia quando le azioni danno i frutti sperati, sia quando gli errori riportano tutto indietro; ma vale anche per i cambiamenti climatici, dove l’inerzia e la falsa percezione che sia un processo lento e distante da noi, fa sì che ad oggi la situazione sia quasi fuori controllo.

Su queste analogie, o almeno su gran parte di queste, hanno indagato Antonello Pasini e Fulvio Mazzocchi, ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche afferenti rispettivamente all’Istituto sull’inquinamento atmosferico (Cnr-Iia) e all’Istituto di scienze del patrimonio culturale (Cnr-Ispc), in uno studio pubblicato come invited paper sulla rivista internazionale Global Sustainability.

Che affrontano il tema a livello globale, confermando in parte quanto emerso un mese fa agli Stati generali della green economy: la pandemia non ci ha reso migliori, sta anzi picconando gli scarni risultati finora raggiunti in termini di sviluppo sostenibile a livello globale e anche la green economy nazionale è in sofferenza.

Mostrando però una capacità di resilienza che indica la strada per uscire dalla doppia crisi che stiamo attraversando: quella pandemica e, ancor più grave, quella climatica.

Perché l’Italia c’è dentro fino al collo dato che secondo il rapporto 2020 dell’Ispra “gli indicatori del clima in Italia”, il 2019 è stato il terzo anno più caldo, a chiudere la decade più calda di sempre.

Oggi viviamo in un Paese più caldo di circa 1,7°C rispetto all’inizio degli anni ’80, contro una media globale di +0,7°C.

Il trend in Italia è di circa +0,4°C per decade, oltre il doppio di quanto rilevato a scala globale, confermato anche nel 2019.

L’articolo analizza le evoluzioni temporali della pandemia da Covid-19 e dei cambiamenti climatici e, tramite una semplice equazione, esplora qualitativamente il rischio associato a queste dinamiche”, spiega Pasini del Cnr-Iia.

Ci sono notevoli differenze nei tempi di evoluzione dei due fenomeni (un aspetto che influisce sulla percezione della loro relativa gravità), ma è anche evidente come in entrambi i casi, pur partendo da numeri piccoli, essi registrino una crescita consistente se lasciati evolvere senza agire: rapidissima (esponenziale) nel caso della pandemia, in forte aumento (non lineare) nel caso delle temperature derivanti dallo scenario di emissioni Business AsUsual (BAU)”.

Inoltre, entrambi i fenomeni – spiegano dal Cnr – sono connotati da una certa inerzia, che porta a riscontrare i risultati delle nostre azioni di contrasto solo dopo un certo periodo di tempo.

Per la pandemia, l’inerzia è connessa al periodo di incubazione del virus, per il sistema climatico dipende dal lungo tempo di permanenza dell’anidride carbonica in atmosfera e al riscaldamento, lento ma inesorabile, degli oceani.

Molto interessante questo paragone: “Se oggi attuiamo un lockdown, vedremo i risultati tra 10-15 giorni; se adesso cominciamo a ridurre in maniera significativa e duratura le nostre emissioni di gas serra, i risultati li vedremo tra 20-30 anni.

In entrambi i casi, quindi, è necessario agire in anticipo. Abbiamo poi analizzatopiù a fondo – continua Pasini – un’equazione del rischio (prodotto di tre fattori: Pericolosità × Vulnerabilità × Esposizione), che descrive in maniera unitaria quelli per l’uomo che vengono dal Covid-19 e dagli eventi estremi di carattere climatico”.

E nello specifico, “si vede quali siano le nostre possibilità di azione per diminuire questi rischi.

Per il Covid-19, in attesa del vaccino o di una terapia efficace e di altri cambiamenti a medio e lungo termine, oggi possiamo agire soprattutto su un fattore dell’equazione, diminuendo la nostra esposizione ai contatti con potenziali infetti.

Per gli impatti dei cambiamenti climatici possiamo invece intervenire su tutti i fattori di rischio: sviluppare misure per contrastare il riscaldamento globale da cui dipende l’incremento di frequenza e intensità degli eventi più violenti, armonizzare la nostra presenza sul territorio, rendendolo meno vulnerabile, e ridurre la nostra esposizione con una maggiore cultura del rischio”.

Con il Covid-19  – aggiunge Mazzocchi – stiamo agendo in piena emergenza, perché i tempi sono strettissimi.

Con il cambiamento climatico, la cui evoluzione sembra più lenta, potremmo pensare di procedere con maggiore calma, ma va considerato che anche l’inerzia e i tempi di ritardo delle nostre azioni in questo caso sono maggiori”.

Inoltre, gli impatti dei cambiamenti climatici si estendono a tutti i settori che sostengono la vita sul pianeta e, per contrastarli, occorrono sia interventi immediati, sia cambiamenti strutturali che hanno tempi di qualche decennio.

Anche in questo caso è quindi necessario agire fin da ora. La scienza permette di comprendere le evoluzioni temporali di questi fenomeni e di suggerire politiche tempestive e di sensibilizzazione.

Per la pandemia gli interventi si sono concentrati principalmente sull’esposizione.

Per la crisi climatica – conclude Mazzocchi con ottimismo – la buona notizia è che abbiamo la possibilità di agire per tempo su tutti i fattori, per evitare che la situazione ci sfugga di mano”.

Insomma, serve una svolta per il clima, che è possibile solo se ne si intuisce la portata a livello globale agendo al contempo ognuno al proprio livello di responsabilità.

Da subito però, dicendo basta agli accordi al ribasso, prima che sia troppo tardi.

E se non basta la prospettiva delle disastrose conseguenze ambientali che ci attendono in caso contrario, non guasta dare un’occhiata a quelle economiche:  quest’anno per l’Italia si stima una recessione economica intorno al 10% del Pil a causa della pandemia, cui – si spera – seguirà un importante rimbalzo il prossimo anno.

Se non metteremo un freno alla crisi climatica, tra 30 anni questa potrebbe costare all’Italia l’8% del Pil.

Ogni anno però.

(Articolo pubblicato con  questo titolo il 14 dicembre 2020 sul sito online “greenreport.it”)

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