In Italia la pandemia ha oscurato anche l’informazione ambientale

 

Se l’idea è quella di fornire un’informazione davvero attenta all’ambiente, l’occasione di parlarne a seguito della pandemia era ed è assai “ghiotta”.

Perché a cominciare dallo spill-over che ha portato alla diffusione del coronavirus Sars-Cov-2 – il salto di specie del patogeno da un animale all’uomo – già siamo dentro al tema della biodiversità.

Ma gli esempi possibili sono innumerevoli.

Il fatto che gli animali e l’uomo vivano sempre più vicini è un altro ‘temone’ ambientale, perché è figlio della riduzione di boschi e foreste sotto i colpi della cementificazione e dell’agroindustria che allargano i propri confini soprattutto in Asia e in India (anche per soddisfare i consumi occidentali).

Per non parlare delle conseguenze dirette della pandemia sull’ambiente: sanificazione, mascherine protettive e plexiglas solo per citare gli esempi più evidenti, con tutto ciò che questo vuol dire sul piano della produzione, dell’uso e dello smaltimento.

È ormai sempre più chiaro anche il ruolo che l’inquinamento ha avuto nell’incrementare la gravità della malattia Covid-19.

Oppure, viceversa, è utile ricordare che la riduzione del traffico a causa dei lockdown ha portato a un (momentaneo) crollo di emissioni inquinanti e climalteranti.

Dunque è assolutamente vero che il 2020, che doveva essere l’anno dell’ambiente – dopo peraltro un 2019 che aveva fatto registrate un miglioramento sensibile della presenza dell’ambiente nell’informazione mainstream –  grazie soprattutto al Green deal europeo e a Papa Francesco, è diventato invece l’anno della pandemia.

Così come ha certificato oggi il rapporto Eco-Media 2020, il “bollettino” annuale che monitora l’attenzione rivolta dai principali media italiani alle tematiche ambientali.

Ma i media avrebbero dovuto – come nel nostro piccolo abbiamo cercato di fare fin dall’inizio – incrociare molto di più i temi, perché nulla (o quasi) è più ambientalmente tematizzato di una pandemia.

Basta saperne cogliere il contesto di fondo.

È come pensare che se ci fosse stata una guerra mondiale, questa avrebbe ‘oscurato’ i tempi ambientali.

Vale la pena ricordare che Georgescu Roegen uno dei punti di riferimento dell’ecologia moderna e soprattutto della bioeconomia, al primo posto delle cose da fare per rendere più ambientalmente sostenibile la nostra società c’era: proibire completamente la guerra e la produzione di tutti i mezzi bellici… se ne parla quindi anche per assenza, chiaro?

Pare di no, perché – spiegano nel rapporto – “nonostante vari studi di università ed enti prestigiosi abbiano messo in relazione il coronavirus e l’ambiente, non ne è stato dato un grande spazio sui media. Tra le altre, è uscita una ricerca (molte in realtà, ndr) che correla l’inquinamento a un aumento della mortalità per via del Covid-19 e un’altra che collega lo stop delle attività produttive e del traffico post lockdown a una diminuzione delle morti per inalazione di gas tossici.

Su questo binomio ci si aspettava più servizi televisivi, ma l’unico a essere stato rilevato è quello relativo allo smaltimento delle mascherine all’interno degli ospedali, mandato in onda da Sky Tg24”.

La pandemia da coronavirus – spiegano in un comunicato gli estensori del rapporto, promosso da Pentapolis Onlus ed Eco in Città, insieme al supporto scientifico dell’Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino – ha monopolizzato l’attenzione delle emittenti tv e delle testate giornalistiche web, arrivando a percentuali pari all’85% dello spazio disponibile.

In quasi tutte, la frequenza delle notizie su Covid-19 ha seguito la crescita e il calo del contagio.

Il risultato è una riduzione delle tematiche tradizionalmente trattate dai media e tra queste anche di quella ambientale.

Il Tg1 ha mandato almeno un servizio a sera relativo all’ambiente, dimostrandosi più sensibile all’ecologia, al verde e alla crisi climatica.

Per la sezione web, nonostante sia impossibile ottenere una visione d’insieme precisa sulla copertura online dei siti analizzati, su un totale complessivo di 6.165 notizie, l’ambiente è stato trattato per il 18%, il Covid per l’82%.

Il Corriere della Sera, con una percentuale pari al 29% degli articoli, ha presentato almeno una parola chiave relativa all’ambiente attestandosi così sopra alla media rilevata.

Segnalato inoltre che “i social hanno confermato la loro potenza anche in termini di diffusione di notizie false, al tempo del Covid-19.

La disinformazione viaggia molto veloce ed è più virale.

Dietro testate che producono fake news ci possono essere strategie ben pianificate di influenza dell’opinione pubblica.

Allo stesso tempo, però, negli anni sono nate piattaforme social dedicate ai temi ambientali, che continuano a crescere costantemente manifestandosi in una vera e propria esplosione del fenomeno”.

Doveva essere l’anno della svolta green per arrestare la crisi climatica – commenta Massimiliano Pontillo, direttore del rapporto Eco-Media – ma la pandemia globale ha ridisegnato le priorità dei media e del dibattito pubblico.

Così che il volto di Greta e il Green new deal europeo hanno lasciato spazio a bollettini, mappe e curve epidemiologiche. Il contesto sanitario ha travolto il Pianeta mettendo all’angolo le tematiche ambientali, trattate sporadicamente dai mezzi d’informazione.

Rileviamo anche un altro dato molto critico: l’assenza di un legame, scientificamente provato, tra ambiente e coronavirus”.

Certo le eccezioni virtuose non sono mancate.

Il premio Pentapolis “Giornalisti per la sostenibilità”, giunto quest’anno alla sua settima edizione, è un riconoscimento simbolico assegnato ai giornalisti che si siano particolarmente distinti per l’impegno in favore della divulgazione, anche scientifica, di tematiche green e social.

Ecco i vincitori: per la categoria TV il premio va a Stefano Zago (Teleambiente), per la categoria carta stampata il premio va a Elena Comelli e al suo impegno sul Corriere della Sera; sul web è stato premiato Marco Fratoddi in qualità di direttore di Sapereambiente.it; per la categoria radio, infine, il premio va Francesca Malaguti (Rai Radio 1).

(Articolo pubblicato con  questo titolo il 17 dicembre 2020 sul sito online “greenreport.it”)

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