Nella giornata di ieri 28 settembre ci ha lasciato un caro e sincero amico, LUCIANO GIOBERTI. L’incontro con Vas, (Verdi Ambiente e Società onlus) con Francesco Tusino e Guido Pollice ha significato per Luciano scoprire un altro mondo, quello della difesa dell’ambiente oltre a quello della solidarietà, sostenendo con generosità le nostre imprese e i nostri guai. Il funerale si svolgerà sabato mattina 30 settembre alle ore 11 nella chiesa di San Pietro in Gessate, di fronte al Palazzo di Giustizia di Corso Porta Vittoria a Milano.
Archivi Giornalieri: 29 Settembre 2017
Il Wwf ha chiesto di fermare definitivamente tutte le centrali a carbone italiane entro il 2025 con una grande nuvola simbolica di CO2 che ha attraversato il centro di Roma con circa 1000 palloncini neri con la scritta Stop Carbone per rendere visivamente la quantità di CO2 emessa in una sola frazione di secondo da una centrale a carbone come quella di Brindisi o di Civitavecchia, vale a dire circa 400 kg di CO2. La manifestazione, partita dalla sede romana del Wwf, si è mossa per le strade centrali di Roma, passando per il ministero dello sviluppo economico in Via Veneto, Piazza Barberini, via Del Corso e Montecitorio, dove l’associazione ambientalista ha fatto il punto con la stampa. Gli attivisti del Panda hanno spiegato che «in un secondo, centrali come quelle di Brindisi e Civitavecchia emettono una quantità di CO2 pari a quella prodotta, sempre in un secondo, da circa 130.000 auto in movimento. Con questa iniziativa il Wwf chiede attenzione rispetto alle scelte energetiche del Paese. Il Governo nelle prossime settimane pubblicherà la Strategia energetica nazionale, con la quale si deciderà la traiettoria energetica dell’Italia per almeno i prossimi 20 anni. Per la prima volta si sta prendendo in esame la possibilità di una chiusura delle centrali a carbone, ma nella proposta del Governo si delineano gli scenari senza operare una scelta chiara e, quindi, la data effettiva dello stop». Secondo il Wwf Italia, «la chiusura deve avvenire entro il 2025, in linea con altri Paesi europei, dicendo addio ad una fonte fossile causa in Italia di circa 8 morti a settimana e di una spesa sanitaria annua calcolata di 1,4 miliardi di euro. Chiudere l’era del carbone è una scelta non più rinviabile, fondamentale sia per le politiche climatiche che per tutleare la salute dei cittadini». Online […]
L’Italia è stata colpita numerose volte da ondazioni eccezionali, mareggiate e tsunami; questi ultimi hanno lasciato memoria e danni gravissimi numerose volte, ad esempio nel 1908, a seguito del terremoto di Messina. START – Sistemi di rapid mapping e controllo del territorio costiero e marino ha dato vita ad una cartografia digitale che presenteremo alla stampa il 29 settembre a Taranto; nel frattempo, i geomorfologi italiani anticipano alcuni dati critici per le coste della Puglia. «In Puglia lo studio di siti archeologici costieri distribuiti lungo l’adriatico e lo Jonio (Polignano, Egnatia, Santa Sabina, Torre Guaceto, Punta Penne a Brindisi, Torre Saturo, Torre Ovo in confronto con altri 13 siti nel Mediterraneo) ha evidenziato che qui il livello del mare si è sollevato di circa 15 cm negli ultimi 1000 anni – spiega Giuseppe Mastronuzzi, geomorfologo dell’Università di Bari – e di circa 90 cm negli ultimi 2000 anni! Superiamo il valore medio di aumento del livello del mare che in questo posto dell’Italia sta registrando circa i 5 mm all’anno». L’innalzamento del livello del mare e l’impatto antropico sulle aree di alimentazione delle spiagge con la costruzione di opere di regimazione fluviale (dighe, bretelle, derivazioni) e di consolidamenti dei versanti o di opere a difesa di strutture costiere hanno ridotto l’alimentazione delle spiagge che oggi in Puglia registrano arretramenti medi compresi fra i 0.50 m (spiagge adriatiche) a 10 m/anno (in alcuni casi estremi delle spiagge joniche ad ovest di Taranto). «Gli studi da noi condotti potranno migliorare la prevenzione anche sul fronte dei crolli di Falesie lungo le coste italiane – chiosa Mastronuzzi – Ad esempio, sempre in Puglia fra Otranto e Roca nel Salento o lungo le Falesie del Gargano, questi crolli sono più probabili. Inoltre non dobbiamo dimenticare che a Ponza non molto tempo fa […]
“A Viggiano e a Grumento si muore di più e ci si ammala di più, per determinate patologie, sia rispetto al resto della Val d’Agri, sia rispetto al resto della Regione. I risultati mostrano degli eccessi di rischio che sono connessi con gli inquinanti derivanti dal Cova”. Sono queste le parole del professore Fabrizio Bianchi, coordinatore scientifico dello studio per la Valutazione di impatto sanitario nei comuni di Viggiano e Grumento Nova. Bianchi, audito in Terza commissione consiliare della Regione Basilicata mercoledì 13 settembre, ha spiegato, così come è emerso dallo studio che “c’è un’associazione tra vivere in una certa area che ha un tipo di inquinamento rispetto a vivere in un’altra area che ha meno inquinamento e questo inquinamento viene sostanzialmente da emissioni Cova”. Lo studioso del Cnr ha spiegato che si sono “correlazioni tra i dati relativi ai ricoveri ed ai decessi per alcune patologie (dell’apparato respiratorio e cardiocircolatorio in particolare) ed i dati legati all’inquinamento dell’aria.” In particolare la VIS evidenzia a Grumento e Viggiano che la mortalità per tutte le cause per gli uomini è del +14 per cento rispetto al dato regionale mentre la mortalità per malattie del sistema circolatorio tra le donne è del 19% più alta del dato regionale. Picchi elevati anche per i tumori allo stomaco e al polmone, tuttavia – si spiega nello studio – la valutazione delle neoplasie a lunga latenza è molto complessa. Ancora più alti i dati della mortalità nei due comuni rispetto agli altri paesi della Val d’Agri: la mortalità totale per le donne è più alta del +19%. Dopo l’audizione di Bianchi insorgono le opposizioni in Consiglio regionale. “Emerge tutta la debolezza della politica lucana ad affrontare problematiche che vanno al di là della ordinaria amministrazione e dei contentini agli amici”. Così Gianni Rosa, esponente […]
«Ondazioni eccezionali sono sempre più frequenti ed in continuo aumento lungo le coste italiane», un trend che risulta legato «ad eventi meteorologici estremi connessi al cambiamento climatico». Il presidente nazionale dei Geomorfologi italiani Gilberto Pambianchi spiega che il «manifestarsi di precipitazioni intense sempre più concentrate amplifica l’effetto delle mareggiate e quindi lungo la fascia si scarica l’energia del sistema marino e di quello continentale determinando condizioni di alluvionamento e di inondazione, come avvenuto nel recente passato lungo le coste della piana di Taranto e Metaponto, lungo le coste del Gargano, della Liguria e della Messinese in Sicilia». Si tratta di fenomeni da sempre particolarmente evidenti lungo le coste oceaniche, ma ormai in continuo aumento anche lungo la fascia costiera del bacino del Mediterraneo. Per questo a Taranto il 29 ottobre verrà presentato per la prima START – Sistemi di rapid mapping e controllo del territorio costiero e marino, un progetto che assomma numerosi dati raccolti lungo la costa italiana e grazie al quale «è possibile ora definire in tempo reale l’impatto di una mareggiata eccezionale e costruire scenari verosimili per un eventuale tsunami», come aggiunge Giuseppe Mastronuzzi, geomorfologo dell’Università di Bari. «La fascia costiera italiana è stata colpita da ondazioni eccezionali, mareggiate e tsunami; questi ultimi hanno lasciato memoria e danni gravissimi numerose volte, ad esempio nel 1908, nel 1743, nel 1169. Non dobbiamo perdere memoria storica di questi eventi che hanno colpito le coste italiane – conclude Mastronuzzi – La costruzione di una cartografia digitale implementabile e che supporti modelli predittivi di erosione e di inondazione è strumento di base indispensabile per la gestione integrata della fascia costiera nazionale e delle aree portuali». (Articolo pubblicato con questo titolo il 26 settembre 2017 sul sito online “greenreport.it”)
Si riporta di seguito il resoconto della seduta della Commissione Ambiente del Senato che si è tenuta nel primo pomeriggio di mercoledì 27 settembre 2017. Vi si evince che il relatore Massimo Caleo (PD) e la rappresentante del Governo Barbara Degani hanno invitato al ritiro di tutti gli emendamenti presentati, con la minaccia in caso contrario di esprimere parere negativo su ognuno di essi: a motivazione di questo comportamento molto “democratico” il relatore Caleo ha portato la costatazione che “qualora la Commissione si accingesse a modificare il disegno di legge la sua sorte risulterebbe segnata, dato che i tempi della legislatura non consentirebbero quasi sicuramente una sua approvazione definitiva”. Se ne deduce la volontà di questa maggioranza di approvare definitivamente la legge di riforma dei parchi entro questa legislatura: ne è una riprova la calendarizzazione dei lavori dell’Assemblea del Senato, dove il disegno di legge è stato inserito all’ordine del giorno dei lavori del 17 e del 18 ottobre 2017 (“ove concluso dalla Commissione“). Per quel giorno il relatore Caleo spera di aver trovato il modo di dare una soluzione “ai possibili sviluppi che potrebbero derivare da rilievi contenuti nella relazione tecnica definitiva predisposta dalla Ragioneria generale dello Stato”, senza dover apportare modifiche al testo, evitando così di farlo tornare alla approvazione della Camera dei Deputati. Ha dovuto però ammettere che manca ancora il parere della 5° Commissione Bilancio e che “qualora a seguito dell’esame da parte della Commissione bilancio si rendessero necessarie alcune modifiche al testo, si impegna peraltro a rivedere alcuni punti del provvedimento al fine di apportare eventuali interventi migliorativi.” Il senatore Guglielmo Vaccaro (PD) ha sottolineato che “eventuali modifiche potranno apportarsi solo qualora la Commissione bilancio dovesse indicare la necessità di seguire un diverso percorso.” ********************** TERRITORIO, AMBIENTE, BENI AMBIENTALI (13ª) MERCOLEDÌ 27 SETTEMBRE 2017 336ª […]