Archivi Giornalieri: 5 Giugno 2020
************************************ N.B. – In base all’Allegato alla Ordinanza del Presidente della Regione Lazio n. Z00041 del 16 maggio “i tavoli devono essere disposti in modo che le sedute garantiscano il distanziamento interpersonale preferibilmente di almeno 1 metro e mezzo tra le persone, comunque non inferiore ad almeno 1 metro”. Sul quotidiano “Il Messaggero” del 16 maggio 2020 è stato pubblicato un articolo che dà notizia della suddetta Ordinanza e riporta il seguente passo: “E gli imprenditori del settori tirano un sospiro di sollievo: «A queste condizioni possiamo riaprire tutti»”. Con l’art. 181 del decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020 (cosiddetto “decreto rilancio”) il Governo ha dettato delle misure di “Sostegno delle imprese di pubblico esercizio” che consistono anzitutto nell’esentare dal 1 maggio 2020 al 31 ottobre 2020 ristoranti, trattorie, tavole calde, pizzerie, birrerie ed esercizi similari, bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari, nonché sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari dal pagamento tanto della tassa per l’occupazione di suolo pubblico quanto dal canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche. In recepimento del suddetto art. 181, dallo scorso 25 maggio è entrata in vigore la deliberazione della Giunta Capitolina n. 87 del 21/22 maggio 2020, che consente la immediata occupazione del suolo pubblico della Capitale con tavolini ed i relativi arredi contestualmente alla domanda di rilascio della concessione che è rilasciata dopo, ma con decorrenza retroattiva, alla sola ed unica condizione del rispetto di 28 criteri minimi inderogabili, rispetto ai complessivi 33 che il Comune ha dovuto dettare ai fini dell’istruttoria di ogni domanda. Ciò nonostante il direttore della Fipe Confcommercio è convinto, al pari di molti consiglieri capitolini (con il testa il Presidente della Commissione Commercio Andrea Coia) che la gerarchia delle fonti del diritto sia un optional, per cui […]
C’è un nesso neppure troppo nascosto tra deforestazione e produzione di carne. Non c’è solo l’olio di palma coltivato in maniera massiva a minacciare l’Amazzonia, ma la gestione illegale delle terre da parte degli allevatori che ci guadagnano. Lo racconta il focus di Greenpeace, “Foreste al macello II” (qui il .pdf), che denuncia quanto accade nella foresta pluviale brasiliana. Il rapporto indaga sulle attività dell’azienda agricola Paredão, nata nel parco statale Ricardo Franco del Mato Grosso, quando era già stata istituita l’area protetta e accusata di spostare i capi allevati fuori dal parco prima di venderli, in modo da nascondere il legame con le aree deforestate illegalmente. “La catena di approvvigionamento che porta la carne brasiliana sul mercato europeo è contaminata da attività illegali: sulle nostre tavole arrivano prodotti responsabili della distruzione di ecosistemi di grande importanza per la salute del Pianeta” afferma Martina Borghi, campagna foreste di Greenpeace Italia. “Sfortunatamente, ciò che accade nel parco Ricardo Franco non è un caso isolato: situazioni simili sono comuni in molte aree dell’Amazzonia brasiliana. Impossibile al momento per chi acquista capi o carne da questa terra garantire una filiera priva di deforestazione e accaparramento delle terre“. Il parco statale Ricardo Franco, istituito nel 1997, copre un’area di 158 mila ettari (una superficie superiore all’estensione della città di Roma) e si trova al confine tra il Brasile (stato del Mato Grosso) e la Bolivia, dove si incontrano l’Amazzonia, il Cerrado, la savana più ricca di biodiversità del Pianeta e il Pantanal, la più grande zona umida del mondo. Si tratta quindi di un’area che ospita una biodiversità eccezionale che include 472 specie di uccelli e numerosi mammiferi in via di estinzione, come il formichiere gigante. Nonostante la sua importanza, il parco non è mai stato adeguatamente protetto e nel corso degli anni il 71% della sua estensione […]
L’Italia oggi festeggia la Giornata mondiale dell’ambiente ma è la nazione che lo rispetta meno e che ha collezionato più violazioni della legislazione europea con 19 procedure d’infrazione. Al 31 dicembre 2019 l’Italia ha pagato multe per quasi 600 milioni di euro di cui ben 210 milioni di euro sono relative alla gestione delle discariche mentre le altre sanzioni riguardano la mancata depurazione delle acque reflue e dell’inquinamento dell’aria. L’Italia del G7 ha ancora ben 237 agglomerati urbani in regioni tra cui Sicilia, Calabria, Molise, Abruzzo, Sardegna, che scaricano le proprie fogne in mare o fiumi per assenza di depuratori e per questo motivo nel luglio 2019 il nostro Paese è stato sanzionato con 25 milioni di euro più 30 milioni di euro per ogni semestre di inadempienza. Sul versante inquinamento l’Italia secondo l’Agenzia europea per l’ambiente ha in Europa il primato di morti da smog: 76.000 mila decessi con un costo economico e sociale stimato, dato minimo dell’EEA di 47 miliardi di euro l’anno. Oggi festeggiamo la difesa dell’ambiente, ma le politiche dei governi nazionali che sono state realizzate in questi anni insieme a regioni e comuni, hanno aggredito l’ambiente come ad esempio la norma sui fanghi tossici di depurazione sparsi sui suoli agricoli, cementificato le nostre coste, compromesso il nostro trasporto pubblico e con un piano clima ed energia inadeguato: non si trasformi questa bella giornata nella festa dell’ipocrisia. (Comunicato di Angelo Bonelli, coordinatore nazionale dei Verdi, pubblicato con questo titolo il 5 giugno 2020 sul sito online del quotidiano “la Repubblica”)
E’ stato presentato il 1 giugno scorso dall’Associazione ambientalista Verdi. Ambiente e Società il ricorso di fronte al Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia contro il Programma di Integrato di Intervento MIND per l’area di un milione di mq dove si è svolta l’Expo nel 2015 al confine nord-ovest di Milano. Il ricorso è stato sostenuto dall’Assemblea Città Studi, costituita da residenti del quartiere, studenti, lavoratori, docenti e studenti della Statale, ricercatori della Università, CNR e altri enti pubblici di ricerca, che si batte da anni contro lo spostamento della Università Statale nell’area Expo e la dequalificazione del quartiere di Città Studi. La raccolta fondi per le spese legali ha raccolto 5.000 euro dei 10.000 preventivati nel quartiere e tra il personale dell’Università Statale di Milano contrario al trasferimento dei dipartimenti scientifici da Città Studi a Expo. Altri 1000 euro sono stati raccolti direttamente. I fondi si raccolgono ancora qui: https://www.gofundme.com/f/ricorso-al-tar-contro-il-pii-mind Il P.I.I. Mind è quello che prevede meno verde tra i programmi fin qui realizzati a Milano, da Porta Nuova a Citylife, circa il 20% di verde rispetto al normale 50%. Prima di Expo questa area era prevalentemente agricola trattandosi dei campi intorno alla Cascina Triulza di proprietà dei Cabassi. La Fiera aveva costruito un parcheggio a raso nella parte più vicina ai suoi padiglioni. Expo doveva realizzare un grande parco agricolo-alimentare in base al suo tema che avrebbe dovuto essere conservato in base all’accordo di programma e al referendum del 2011. L’Accordo di Programma ratificato dai consigli comunali di Milano e Rho prevedeva il 56% dell’area nel comune di Milano a parco tematico e il 65% a terreno permeabile dopo l’Expo, obiettivi ribaditi da una mozione dei consiglieri comunali di Milano che aveva chiesto che il parco tematico fosse verde. Ora si vuole fare passare l’ospedale Galeazzi, lo […]
Due mesi di lockdown non sono passati senza conseguenze. Nella fase 2 bis del nuovo Coronavirus, i romani hanno ripreso a frequentare i luoghi immersi nella natura. Singoli escursionisti, ma anche famiglie e gruppi d’amici, sono tornati a percorrere quelle mete che, durante i mesi più difficili della pandemia, erano state loro precluse. I parchi presi d’assalto “I romani stanno riscoprendo i parchi e le aree protette di cui è ricco il Lazio – ha confermato Cristiana Avenali, responsabile dell’ufficio Piccoli Comuni della Regione – direi che negli ultimi tempi sono stati presi letteralmente d’assalto. Riceviamo ad esempio molte foto da riserve come quella di Nazzano-Tevere Farfa, o da quella di Monte Navegna e Monte Cervia, che mostrano una cospicua presenza di escursionisti e ciclisti. Ma il turismo è ripreso anche sui monti Simbruini ed in quello dei Lucretili”. Per non parlare delle mete più vicine alla Capitale, come possono essere la Valle dal Treja ed il parco di Bracciano e Martignano. Sono varie le ragioni che stanno spingendo tanti cittadini lontano dalla metropoli. “Avevamo previsto l’esplosione del turismo dei prossimità. D’altra parte è anche frutto delle limitate possibilità economiche e della voglia, da parte dei cittadini, di trovare delle mete sicure” ha dichiarato Avenali. Si tratta d’un fenomeno che potrebbe avere ricadute positive. Un’opportunità di sviluppo Le visite nei parchi che circondano la Capitale può ingenerare un circolo virtuoso. Il rilancio dei parchi rappresenta un importante volano per lo sviluppo dei piccoli comuni. “I sindaci dei piccoli comuni sono consapevoli di questa opportunità ed infatti ci scrivono per chiederci d’investire sui sentieri e sulle strutture inutilizzate che possono essere sfruttate per lanciare imprese giovanili. E non dobbiamo dimenticare che, la presenza dei giovani, è fondamentale anche per garantire dei servizi essenziali”. La riscoperta delle aree naturali che circondano la Capitale rappresenta un […]
Nel mondo, 4,5 miliardi di persone – la maggioranza – non hanno accesso a servizi igienici adeguati. I metodi ai quali generalmente hanno accesso, come le latrine a fossa e le lagune, sono responsabili della diffusione di malattie e di una parte dei gas serra che riscaldano il nostro pianeta. Ad Haiti, lo Stato più povero delle Americhe e uno dei più poveri del mondo, solo il 30% della popolazione ha accesso ai servizi igienico-sanitari delle fognature e meno dell’1% percento dei rifiuti umani viene trattato in modo sicuro. La mancanza di un sistema adeguato ha provocato una delle più grandi e virulente epidemie di colera nella storia recente. Ora lo studio “Climate change mitigation potential in sanitation via off-site composting of human waste”, pubblicato su Nature Climate Change da un team di ricercatori delle università statunitensi delle Hawai’i – Mānoa, Stanford, California – Merced e del Sustainable Organic Integrated Livelihoods (SOIL) di Haiti, dimostra come «il compostaggio off-site di rifiuti umani sia una soluzione di sanificazione a ciclo completo che aumenta la sicurezza, la sostenibilità e persino i posti di lavoro. Riduce inoltre le emissioni di gas serra e le malattie trasmesse dai rifiuti, il tutto producendo un fertilizzante efficace per l’agricoltura». II team guidato dagli agroecologi Gavin McNicol e Rebecca Ryals, un ex professoressa del College of Tropical Agriculture and Human Resources (CTAHR) dell’università delle Hawai’i – Mānoa, ha collaborato con SOIL Haiti, una ONG che progetta, testa e implementa soluzioni sostenibili ed economiche per affrontare la crisi dei servizi igienico-sanitari del Paese. Il loro studio ha esaminato la quantità di metano, protossido di azoto e anidride carbonica emessa durante il compostaggio termofilo dei rifiuti umani. I ricercatori statunitensi e haitiani hanno così determinato i fattori dell’emissione di gas a effetto serra durante il processo di compostaggio e hanno scoperto che […]