Su questo stesso sito il 25 gennaio 2014 è stato pubblicato un articolo dal titolo “La inammissibile dimenticanza sia della Regione Lazio che del MIBAC” (http://vasonlus.it/?p=3383). Dopo che il Governo Berlusconi ha impugnato presso la Corte Costituzionale la legge regionale n. 10/2011 (cosiddetto “Piano Casa”), per cercare di superare i vizi di legittimità costituzionale rilevati il Consiglio Regionale ha successivamente approvato la legge regionale n. 12 del 6 agosto 2012, con cui ha modificato la lettera d) del 4° comma dell’art. 8 della legge regionale n. 29/1997. Il comma 19 dell’art. 1 della legge regionale n. 12/2012 ha infatti sostituito le parole: “piani di miglioramento aziendale autorizzati dagli organi tecnici competenti” con le seguenti: “piani di utilizzazione aziendale (PUA) disciplinati dall’articolo 57 della legge regionale 22 dicembre 1999, n. 38 (Norme sul governo del territorio) e successive modifiche e dall’articolo 18 della legge regionale 6 luglio 1998, n. 24 (Pianificazione paesistica e tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico)”. Il comma 19 dell’art. 1 ha anche coordinato con il suddetto testo la lettera d) del 1° comma dell’art. 31 della legge regionale n. 29/1997, sostituendola con il seguente testo: “d) la possibilità di realizzare gli interventi e le attività previste dall’articolo 8, comma 3, lettera q) e comma 4, lettera d).”. Il coordinamento ha riguardato anche l’art. 46 della legge regionale n. 29/1997, a cui è stato aggiunto un comma 2 ter dal seguente testo: “2 ter. Fino all’approvazione degli strumenti di cui agli articoli 26 e 27, le previsioni di cui all’articolo 8, comma 4, lettera d) si applicano anche alle aree naturali protette regionali istituite prima della data di entrata in vigore della presente legge”. Con Deliberazione n. 293 del 19 settembre 2013 la Giunta Regionale del Lazio ha approvato una proposta di legge mirante […]
Archivi Mensili: Febbraio 2014
All’atto dell’insediamento del Presidente Nicola Zingaretti con Deliberazione della Giunta Regionale n. 163 del 3 luglio 2013 è stato considerato che dopo oltre 15 anni dall’approvazione della Legge regionale n. 29 del 6 ottobre 1997 <<si rende opportuna la revisione del quadro normativo, al fine di adeguarlo alle mutate esigenze di rispetto dei vincoli di finanza pubblica e di ottimizzazione delle risorse umane e materiali della pubblica amministrazione, senza intaccare il livello di protezione, anzi garantendo la tutela e il miglioramento della biodiversità nella Regione Lazio e dando piena attuazione alla disciplina dell’Unione Europea in materia>>, per cui sono state approvate le <<Linee guida e d’indirizzo sulla revisione della normativa regionale in materia di conservazione della natura, aree protette e tutela della biodiversità e della geodiversità>>. Con Deliberazione della Giunta Regionale n. 164 del 3 luglio 2013 è stato conseguentemente stabilito di prorogare il Commissariamento dei 13 Enti di gestione dei parchi e delle riserve istituite, sostituendo i Commissari Straordinari nominati dalla Presidente Renata Polverini con altrettanti Commissari di fiducia della nuova maggioranza di governo della Regione Lazio. È stata decisa la durata in carica dei nuovi Commissari Straordinari per lo stesso tempo che si è data la Regione per approvare la riforma della legge regionale n. 29 del 6 ottobre 1997 (“Norme in materia di aree naturali protette regionali”), vale a dire fino al 30 settembre del 2014. Così con Decreto del Presidente Zingaretti T00203 del 31 luglio 2013 è stata disposta la Nomina Commissario Straordinario dell’Ente Roma Natura nella figura di Maurizio Gubbiotti che è subentrato a Livio Proietti e che fa attualmente le veci del Presidente e del Consiglio Direttivo dell’Ente Roma Natura istituito dall’art. 40 della legge regionale n. 29/1997 con cui è stato costituito il sistema delle aree naturali protette nel territorio del Comune di Roma, che […]
L’articolo 40 della legge regionale n. 29 del 6 ottobre 1997 ha costituito il sistema delle aree naturali protette nel territorio del Comune di Roma, che è formato attualmente da 9 riserve naturali, 2 parchi urbani, 3 monumenti naturali ed 1 area marina: ai sensi della lettera o) del 3° comma dell’art. 8 della medesima legge regionale n. 29/1997 sui confini ed all’interno di tali aree naturali protette è vietata “l’apposizione di cartelli e manufatti pubblicitari di qualunque natura e per qualsiasi scopo, fatta eccezione per la segnaletica stradale di cui alla normativa vigente e per la segnaletica informativa del parco”. Il divieto è stato ribadito anche dai Piani di Assetto delle riserve naturali che sono stati successivamente approvati. Con Nota VAS prot. n. 17 del 14 maggio 2010 indirizzata a Presidente, Direttore e Consiglio Direttivo dell’Ente “Roma Natura” ho chiesto di ordinare al Servizio Affissioni del Comune di Roma di rimuovere immediatamente gli impianti pubblicitari installati nelle riserve naturali e nelle altre aree protette gestite dall’Ente Roma Natura, a partire quanto meno dai 10 cartelloni installati a fianco dell’ingresso sia della sede legale dell’Ente in via Gomenizza n. 81 (di accesso a Villa Mazzanti) che dell’ingresso alla riserva naturale di Monte Mario. Alla istanza ha dato seguito l’allora Direttore dell’Ente “Roma Natura” dott. Stefano Cresta, che con Nota prot. n. 4546 del 14 settembre 2010 ha trasmesso al Direttore del Servizio Affissioni dott. Francesco Paciello l’elenco di 492 schede anagrafiche di impianti installati nelle riserve naturali gestite da “Roma Natura” di cui ha richiesto l’immediata rimozione, che non c’è stata. Con messaggio di posta elettronica trasmesso il 17 settembre del 2012 ho sollecitato la rimozione all’Allora Commissario Straordinario Livio Proietti, nominato dalla Presidente Renata Polverini, al Direttore nominato per conseguenza come “Facente Funzioni” Giulio Fancello, nonché all’Assessore all’Ambiente Marco Mattei: […]
Sabato 22 febbraio 2014 il Circolo Territoriale di Terni dell’associazione VERDI AMBIENTE e SOCIETA’ ha tenuto presso la sala “Romagnosi” di via Aminale (Terni) un incontro pubblico con il presidente nazionale dei V.A.S. GUIDO POLLICE per discutere sul gravissimo stato ambientale della Conca Ternana. Si riporta di seguito una nota riassuntiva dell’iniziativa. La città di Terni è una delle realtà urbane maggiormente industrializzate di tutta la penisola italiana, il processo di industrializzazione risale alla seconda metà del 19° secolo; il territorio è stato sconvolto dalle attività antropiche che hanno ridisegnato completamente la città che nel giro di pochi anni è passata da agricolo-pastorale ad industriale. L’acciaieria (Saffat) nacque nel 1884, lo Jutificio Centurini nel 1886, la Fabbrica d’armi nello stesso periodo, questi impianti, insieme allo stabilimento elettrochimico di Papigno e la Carbon di Narni Scalo sono, quindi, alla base del rapidissimo processo di industrializzazione. La fede nel progresso, tipica dell’800, non faceva, purtroppo, vedere l’altra faccia della medaglia; quella dello sfruttamento brutale dei lavoratori e della devastazione ambientale che ci hanno accompagnato sino ad oggi. È utile stilare un elenco delle varie forme di criticità ambientali presenti nel territorio in cui viviamo. 1) Inceneritori (zona Maratta) La città dei tre inceneritori Terni ha la “particolarità” di avere nel proprio territorio comunale la “bellezza” di tre inceneritori che hanno ottenuto l’autorizzazione a bruciare dalle amministrazioni comunali che si sono succedute nel corso degli ultimi venti anni; i 3 inceneritori sono uno adiacente all’altro. Nei primi anni ’70 entrò in funzione, infatti, il primo inceneritore per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani che venivano ivi bruciati. Nella seconda metà degli anni’90 la giunta Ciaurro lo affida in gestione all’ASM. Viene in seguito autorizzata l’apertura di altri 2 inceneritori, Terni Ena (ora ACEA) e Printer (passato da poco tempo alla proprietà della Tozzi Holding S.P.A.); […]
Sul sito http://asud.net/ di “A Sud”, associazione italiana indipendente nata nel 2003, è stato pubblicato il seguente comunicato. L’Agenzia del Demanio, ente pubblico che dovrebbe “valorizzare” il patrimonio immobiliare, in realtà persegue da anni l’obiettivo politico di vendere e privatizzare beni che appartengono a tutti. Oggi questo processo è acuito dalla politiche di austerità e da una gestione miope della crisi economica e sociale in cui siamo immersi. In più parti di Italia, da Pisa a Roma, da Bologna a Napoli, l’Agenzia del Demanio, le amministrazioni comunali e le forze dell’ordine si alleano per reprimere, isolare e criminalizzare le esperienze sociali che ridanno vita a edifici pubblici in stato di abbandono. Aree militari in dismissione, vecchi cinema e teatri, scuole chiuse, ex depositi e casali agricoli hanno davanti due futuri possibili: rinascere attraverso processi partecipati dalla cittadinanza oppure essere messi in vendita e diventare affare per le lobby della finanza e dei costruttori. Le reti sociali che restituiscono agli edifici chiusi la loro originaria funzione di utilità pubblica vengono criminalizzate dal centrodestra come dal centrosinistra, che trasformano le battaglie per i beni comuni in materia di ordine pubblico. Manifesteremo sotto uno dei luoghi simboli di questa politica – la Direzione generale dell’Agenzia del demanio – perché un bene di tutti è il bene di tutti. Per difendere il riuso sociale e dal basso del patrimonio abbandonato, per dire no a sgomberi e svendite. È stato quindi emanato il seguente Comunicato Stampa. COMUNICATO STAMPA Mercoledì 27 febbraio movimenti, associazioni, spazi sociali di diverse parti di Italia manifesteranno davanti all’Agenzia del demanio, a Roma, per chiedere che l’immenso patrimonio che appartiene a tutti sia utilizzato per finalità sociali e culturali, invece di restare chiuso o essere svenduto. Tante le vertenze e le esperienze di rigenerazione urbana presenti, a partire da […]
L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (in inglese United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization, da cui l’acronimo UNESCO) è stata fondata dalle Nazioni Unite il 16 novembre 1945 per incoraggiare la collaborazione tra le nazioni nelle aree dell’istruzione, scienza, cultura e comunicazione. Una delle missioni dell’UNESCO è quella di mantenere una lista di patrimoni dell’umanità. Quella di Sito Patrimonio dell’Umanità è la denominazione ufficiale delle aree registrate nella lista del Patrimonio dell’umanità, o nella sua accezione inglese World Heritage List, della Convenzione sul Patrimonio dell’Umanità. La Convenzione sul Patrimonio dell’Umanità, adottata dalla Conferenza generale dell’UNESCO il 16 novembre 1972, ha lo scopo di identificare e mantenere la lista di quei siti che rappresentano delle particolarità di eccezionale importanza da un punto di vista culturale o naturale. Secondo l’ultimo aggiornamento effettuato nella riunione del 37° World Heritage Committee (WHC), Comitato per il Patrimonio dell’Umanità, tenuta a Phnom Penh tra il 17 e 27 giugno 2013, la lista è composta da un totale di 981 siti (di cui 759 beni culturali, 193 naturali e 29 misti) presenti in 160 Nazioni del mondo. Attualmente l’Italia è la nazione a detenere il maggior numero di siti inclusi nella lista dei patrimoni dell’umanità (49 siti), seguita dalla Cina (45 siti) e dalla Spagna (44 siti). Fra questi c’è Villa Adriana presso Tivoli, su cui il 29 giugno 1998 c’è stata una preventiva relazione per i motivi dell’iscrizione e che nel corso della 23° sessione del Comitato UNESCO per il patrimonio mondiale dell’umanità che si è svolta a Marrakesh dal 29 novembre al 4 dicembre del 1999 è stata designata come “bene Unesco”. Come sito Patrimonio dell’Umanità è stata individuata non solo l’area di Villa Adriana ma anche una zona di protezione esterna ad essa (detta Area Buffer). Su questa zona Buffer di […]
Il 20 febbraio 2014 all’incontro organizzato a Roma da Legambiente sul tema Abusivismo edilizio: l’Italia frana, il Parlamento condona, sono stati presentati i dati di quella che è un’autentica piaga nazionale: l’abusivismo edilizio che secondo gli ambientalisti «prospera indisturbato da decenni e non conosce crisi, nutrendosi di alibi e giustificazioni. Abbiamo occupato le coste, i letti dei fiumi, i pendii delle montagne, senza pensare, non solo al danno paesaggistico, ma nemmeno al pericolo di realizzare case, terrazze, alberghi, scuole, uffici in aree dove non si dovrebbe nemmeno piantare una tenda da campeggio». Legambiente fa notare che «se il 2013 è stato un anno ricco di demolizioni – anche molto importanti come gli scheletri di Lido Rossello e di Scala dei Turchi sulla costa agrigentina ad esempio, rimossi dopo vent’anni di battaglie legali – è stato anche un anno denso di tentativi per approvare in Parlamento un nuovo condono mascherato sotto le forme più diverse. Tra emendamenti e disegni di legge, Legambiente ne ha contati cinque. Ben 22 dal gennaio del 2010, tutti rispediti al mittente, anche grazie all’attiva opposizione dell’associazione. Ma l’ultimo, il ddl Falanga è passato un mese fa al Senato con 189 sì, 61 no e 7 astenuti». Il dibattito sul Dossier di Legambiente sull’abusivismo in Italia, al quale ha partecipato anche l’ancora ministro dell’ambiente Andrea Orlando, è servito a sfatare gli alibi del no alle ruspe e stimolare nuove azioni per il ripristino della legalità. Secondo Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente, «i tentativi di fermare le ruspe delle Procure affermano l’esigenza di salvare le case fuorilegge in nome di un presunto abusivismo di necessità. Ma questo “abusivismo della povera gente” oggi esiste davvero? Se sì, dove e quante famiglie riguarda e perché non vengono aiutate con l’inserimento nelle graduatorie delle case popolari? Se la loro situazione è seria, e […]
In un articolo pubblicato il 24 giugno del 2013 Roberto Della Seta e Francesco Ferrante hanno motivato la nascita di un nuovo movimento politico che si chiamerà “Green Italia” nel modo seguente: <<In Italia non ci sono forze politiche ecologiste con un seguito elettorale apprezzabile, come in Germania o in Francia, mentre i partiti tradizionali continuano a considerare l’ambiente come un argomento di seconda o terza fila, buono tutt’al più per organizzarci qualche convegno o scriverci uno dei trenta o quaranta capitoli dei programmi elettorali. Per questo insieme a molti altri – ecologisti con varie origini e storie, imprenditori della “green economy” – abbiamo promosso “Green Italia”, movimento politico che presenteremo a Roma il 28 giugno in un incontro pubblico all’auditorium del museo Maxxi. Roberto Della Seta – ex Presidente di Legambiente ed ex Senatore PD Francesco Ferrante – ex direttore generale di Legambiente ed ex Senatore PD La nostra ambizione è semplice ed è anche, lo sappiamo, temeraria: dare una mano a interrompere la “rimozione” della questione ecologica da parte della politica italiana. L’ecologia non è soltanto l’emblema dei problemi ambientali che affliggono l’Italia: problemi che condividiamo con tutto il mondo, dall’inquinamento al clima che cambia, problemi squisitamente nostri dalle ecomafie ai rifiuti nelle strade di Napoli o Palermo. L’ecologia evoca grandi, grandissimi problemi ma indica anche preziose soluzioni – serve come il pane a farci uscire prima e meglio dalla depressione economica e sociale, con la “green economy” di migliaia di imprese che grazie all’innovazione “green” resistono e spesso crescono malgrado la crisi. Serve ad archiviare per sempre l’idea malsana che sia accettabile, come accettato a Taranto per decenni, mettere l’economia, l’industria, il lavoro contro la salute umana. Serve ad affermare che c’è uno spazio dei “beni comuni” – beni materiali come l’acqua o il suolo, […]
Su questo stesso sito il 18 gennaio 2014 è stato pubblicato un articolo dal titolo “La boxlandia in Comune di Meta di Sorrento e la vittoria di VAS” (http://vasonlus.it/?p=3359#more-3359) che si fermava temporalmente al ricorso presentato da VAS per impugnare presso il Consiglio di Stato la Sentenza del TAR di Napoli n. 2052 del 18 aprile 2013. Ripercorriamo le tappe che hanno portato alla suddetta sentenza su un caso che è scoppiato in Comune di Meta di Sorrento e che è iniziato il 9 dicembre 2003, quando il proprietario di un appezzamento di terreno di natura agrumeto, della superficie di 10.422 mq., con accesso da via Cristoforo Colombo nei pressi della stazione della Circumvesuviana ha chiesto al Comune l’autorizzazione per la realizzazione di una autorimessa totalmente interrata (ad eccezione della rampa di accesso) su due livelli di 37 posti auto ciascuno, da destinare ai sensi della Legge n. 122 del 24 marzo 1989 a pertinenze di unità immobiliari. Il progetto ricade in un’area soggetta al vincolo paesaggistico imposto con D.M. emanato il 2 febbraio 1962 ed in Zona Territoriale 2 del P.U.T., che la definisce di “rispetto ambientale” in cui è impedita ogni “nuova edificazione privata”, ad eccezione di “interventi pubblici per la realizzazione di scuole materne e dell’obbligo, di attrezzature di interesse comune e di impianti sportivi, il tutto nel rispetto delle caratteristiche ambientali“: il P.R.G. adeguato al P.U.T. individua l’area come zona “E” agricola. In data 13.1.2004 la Commissione Edilizia Integrata ha valutato l’intervento non pregiudizievole per l’ambiente e per i valori paesaggistici ed ha reso parere favorevole, poi condiviso dal sindaco di Meta, che con decreto n. 3 del 15 gennaio 2004 ha concesso l’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 151 dell’allora vigente Decreto Legislativo n. 490 del 29 ottobre 1999 (poi abrogato dal D. Lgs. n. 42/2004). […]
Su questo stesso sito il 27 gennaio è stato pubblicato un articolo dal titolo “Il Governo ha impugnato l’aggiornamento e la revisione del Piano Paesaggistico della Regione Sardegna” (http://vasonlus.it/?p=3457#more-3457) che dava notizia della Deliberazione della Giunta della Regione Sardegna n. 45.2 del 25 ottobre 2013 con cui era avvenuta l’approvazione preliminare dell’aggiornamento e revisione del PPR e della sua impugnazione da parte del Governo. Sulla Gazzetta Uffciiale – I serie speciale Corte Costituzionale n. 8 del 12 febbraio 2014 è stato pubblicato il ricorso dello Stato n. 1/2014 per conflitto di attribuzione avverso la suddetta deliberazione di Giunta di prima adozione del piano paesaggistico. Senza tenere nella benché minima considerazione il ricorso dello Stato, nella mattina del 14 febbraio 2014 si è tenuta l’ultima riunione della Giunta del Presidente della Regione autonoma della Sardegna Ugo Cappellacci che con deliberazione n. 6/18 ha approvato definitivamente il P.P.R., che non è pubblica, né è stata pubblicata sul B.U.R.A.S, per cui al momento non è efficace e non è impugnabile autonomamente. Sul sito ufficiale della regione Sardegna figura una “Delibera n. 6/18 del 2014 – L.R. 23 ottobre 2009, n. 4, art. 11. Piano Paesaggistico Regionale della Sardegna, primo ambito omogeneo costiero, preliminarmente approvato con deliberazione della Giunta n. 45/2 del 25.10.2013. Aggiornamento e revisione. Esame delle osservazioni e approvazione definitiva. Il Gruppo di Intervento Giuridico (GIG) ha fatto sapere che sarà comunque impugnata, nell’ambito dell’atto di adozione preliminare, con un ricorso che sarebbe già pronto e che fra i vizi di legittimità imputabili alla delibera di approvazione definitiva porta anche il fatto che non sembra proprio legittimamente acquisito il necessario parere conclusivo della procedura di valutazione ambientale strategica (V.A.S.), tuttora in corso e regolarmente nei termini (180 giorni), per cui tale approvazione sarebbe “nelle more della procedura di V.A.S.”, priva quindi di effetti validi […]